di Nicola Rotondi

Di Rutigliano e Desilvio al tempo delle primarie

Di Rutigliano e Desilvio al tempo delle primarie

Parlare di resa dei conti quando la partita è ancora all’inizio può sembrare illogico e paradossale. Eppure, l’epilogo di settimane – se non di mesi – caratterizzati da trattative, rinunce, slittamenti, dietrofront, è più che tangibile nel clima incandescente (non solo in senso ambientale) della sala consiliare, durante la prima seduta del consiglio comunale tenutosi sabato sera.

Pur nella versione light del centrosinistra oggi in maggioranza, questa volta non c’è mediazione che tenga: le diatribe sfondano il recinto delle riunioni ristrette ed emergono in maniera dirompente nella pubblica assise. Il cascame delle lacerazioni interne è tangibile; percepibile come le esclamazioni di stupore degli astanti davanti alle bordate di Pino De Silvio e, in misura minore, alle sferzate di Gianni Alberotanza. Prevedibili le prime, inattese le seconde.

Non è dato sapere cosa sia accaduto durante la sospensione richiesta da Franco Battista (Progetto Mola) al terzo punto all’ordine del giorno (elezione del presidente e del vicepresidente del consiglio), ma a giudicare dai volti di alcuni protagonisti si percepisce che il rientro non sarà una passeggiata ricreativa.

Dopo l’appello di rito, De Silvio prende la parola a nome del Pd molese per sviscerare cinque priorità programmatiche. Un programma elettorale de facto: ambiente e salute; urbanistica; equità sociale e sicurezza; città metropolitana; sviluppo, innovazione e occupazione. “Noi avevamo e abbiamo un’idea di città” sottolinea più volte. Il pubblico, non molto disciplinato, rumoreggia per la prolissità. La reazione dell’interessato è stizzita: “Non si tratta di poltrone, come qualcuno cerca di veicolare attraverso gli organi di stampa”.

Terminata l’esposizione, De Silvio alza il tiro: “Ogni qualvolta che questa amministrazione porterà all’attenzione provvedimenti in linea con la nostra visione, noi garantiremo il nostro sostegno”. Diversamente, “tutte le volte in cui non saremo d’accordo, ci caricheremo della responsabilità di dire la nostra opinione e lotteremo affinché vengano prese in considerazione soprattutto le nostre proposte”. Quello del Pd sarà “un sostegno incondizionato, ma critico e costruttivo”. Più esplicitamente, e diretto al sindaco Giangrazio Di Rutigliano, “leale, ma esterno della giunta”.

L’aut aut non lascia scampo a dubbi: “Qualora l’azione dell’amministrazione non dovesse convincerci o dovesse curare il bene particolare anziché comune, andrà tenuto conto della nostra astensione o del nostro voto contrario”. L’offerta di un assessorato non convince, rincara De Silvio. Le scorie delle primarie, ritenute da più parti il peccato originale di Bene Comune per Mola, tornano a galla: “Ero sostenuto solo dal mio partito. Il sindaco, da tutti gli altri”.

Un nervo scoperto che provoca ancora risentimento. Il consigliere Pd derubrica la vittoria di Di Rutigliano alle primarie e alle elezioni reputandole “di misura” e insiste: “Ha vinto, ne diamo atto, ma non ha convinto, altrimenti avrebbe stravinto”. Benzina che si aggiunge al fuoco amico: una pira che divampa e incenerisce i patti di coalizione. L’apertura di credito rimane, ma a tempo determinato (fine anno).“Non permetteremo che trascorrano cinque anni vivacchiando alla giornata. Non è quello che i molesi ci hanno chiesto. Dal 14 giugno, abbiamo perso giorni preziosi”.

L’ambito ruolo di vicesindaco non viene pronunciato: il non detto assume lo stesso peso di ciò che viene proferito, con un’aggiunta di commozione sul finale di intervento.
La replica del sindaco arriva a stretto giro: le priorità indicate dal Pd fanno parte delle linee programmatiche dell’amministrazione. “E’ l’ultima occasione che abbiamo per rilanciare il paese. La visione di città del Pd è anche la nostra: non sono diverse. La porta è sempre aperta” chiosa Di Rutigliano.

De Silvio riprende la parola, ma le riserve rimangono comunque intatte: “In campagna elettorale, si dicono le cose. Quando si amministra, oltre a dirle, bisogna anche farle”. Allude a non meglio precisati “particolari” e “accordi” relativi alle primarie che lo inducono a rivendicare un ruolo di primo piano nella compagine amministrativa. “Non ho scelto di stare alla finestra: ho fatto le primarie”. Non ci sta a essere relegato ai margini, come l’ultimo arrivato: “Avrei messo la faccia e tutto me stesso per ottenere il massimo dei risultati”.

Passano i minuti, i lavori proseguono, Nicola Tanzi viene eletto presidente del consiglio e si ritrova ad affrontare il primo scontro con la minoranza, la quale ritiene illegittima la composizione parziale della giunta Di Rutigliano, in violazione della parità di genere.

Gianni Alberotanza: altro deluso?

Gianni Alberotanza: altro deluso?

Il sindaco, appena fresco di giuramento, non ha ancora presentato le linee programmatiche quando viene preceduto dal monito del consigliere Alberotanza. Lancia segnali distensivi al centrodestra (“La minoranza ha tutto il diritto di essere rispettata”) e un messaggio chiaro al sindaco: “La festa è finita: 40 giorni per la formazione di una giunta sono tanti. Alle elezioni, ci siamo presentati come una forza di cambiamento e rivoluzione. Tra i cittadini, ho riscontrato delusione e insoddisfazione per la mancata definizione della giunta. La gente si aspetta delle risposte immediate”.

Al pari di De Silvio, Alberotanza guarda al ribasso il risultato elettorale (“Abbiamo vinto per soli 320 voti di differenza: il paese è spaccato in due” – al netto dell’astensionismo, ndr) e punge Di Rutigliano sull’inerzia del primo miglio percorso: “Questo periodo di 40 giorni, in cui il paese è stato dimenticato e lasciato all’incuria, va dimenticato. La giunta deve mettersi al lavoro subito”. Esprime fiducia sul completamento della squadra di governo, ma “si deve dare da fare: la politica è decisionismo e non possiamo stare fermi”. Non promette vita facile al sindaco: “Sarò critico, da pungolo, tanto e quanto l’opposizione. Oggi la cittadinanza non perdona: chi è bravo e ha lavorato, rimane, a differenza di chi ha fatto solo chiacchiere”.

A sua difesa, Di Rutigliano alterna risposte alla minoranza, che muove critiche alle linee amministrative, e repliche ad Alberotanza, nelle quali i 40 giorni vengono ripetuti come un mantra al fine di spiegare che nel periodo contestato la nuova amministrazione abbia invece pianificato e operato in termini preliminari e ricognitivi.

Tra oppositori agguerriti e alleati non del tutto allineati, al battesimo del fuoco l’amministrazione Di Rutigliano non nasce certo sotto i migliori auspici.

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