di Andrea G. Laterza
Alcuni lettori ci segnalano l’anomalia di una graduatoria definita con provvedimento n. 136 del 27-07-15 e pubblicata con determina n. 673 R.G. del 11-08-15.
In essa si stabilisce l’elenco dei vincitori di n. 5 borse di studio da € 1.000,00 ciascuna per premio alle tesi di laurea magistrale o specialistica su “innovazione ambientale, economica e sociale da promuovere sul territorio di Mola di Bari”.
Pur essendo trascorsi già 50 giorni dalla pubblicazione della determina i vincitori non risultano essere stati informati di persona né hanno avuto notizia della data in cui potranno ritirare la somma.
Ricordiamo che i laureati, a seguito dell’istituzione del premio definito dalla precedente Giunta comunale con determina n. 1494 del 30-12-2014, potevano inviare copia della tesi di laurea e che la Commissione giudicatrice era composta da:
Maria Rosaria STUFANO MELONE – Presidente; Domenico COSTANTINO – Componente; Francesca CASELLA – Componente; Vito GRISETA – Istruttore Amministrativo – Segretario.
La Commissione si è riunita il 20 maggio e il successivo 9 giugno decidendo i vincitori che, tuttavia, al momento attendono l’informazione ufficiale e, soprattutto,… il premio.
Sulla vicenda ho sviluppato qualche considerazione, che riprende quanto da me dichiarato anche su questo sito nei mesi scorsi, prima cioè che la commissione si riunisse e decretasse i vincitori. La pubblico volentieri, senza per questo sminuire la qualità dei lavori premiati e le doti degli incolpevoli vincitori, almeno di quelli in possesso dei titoli richiesti dal bando (ad esempio, la laurea di secondo livello: l’hanno conseguita tutti?).
Anzitutto, ritardare l’assegnazione delle borse di studio compromette la loro concreta utilità per i percettori. Ritengo tuttavia che bandire cinque borse il 27 marzo 2015 indicando come termine per la presentazione delle domande il 30 aprile successivo abbia fatto venire meno ogni effetto incentivante, ossia promuovere l’attenzione degli studenti universitari verso l’applicazione alla realtà molese dei temi della sostenibilità. Così facendo, esse sono state solo un riconoscimento a posteriori dell’impegno di chi abbia fortuitamente svolto tesi del genere, oppure abbia avuto la lungimiranza di scegliere questo tema sulla base delle sole indiscrezioni sui termini del bando.
Né credo che quella commissione valutatrice, così come è stata istituita, possa offrire garanzie sulla qualità del lavoro di selezione svolto. Non mi riferisco solo alla nomina avvenuta appena tre giorni prima della prevista cerimonia di assegnazione delle borse di studio, cerimonia espressamente prevista dal bando e fortunatamente saltata, non solo per l’evidente effetto propagandistico che avrebbe avuto otto giorni prima delle elezioni.
Stando al bando di concorso, la commissione giudicatrice doveva essere «composta da personalità del mondo accademico e/o scientifico esperte nell’ambito di studio delle tesi presentate», ossia «innovazione e sostenibilità ambientale, economica e sociale». A scorrere la delibera di giunta 75/2015 con la quale è avvenuta la nomina dei tre commissari, si scopre che una è un’agronoma che si occupa di piante infestanti, un secondo è ricercatore di diritto privato specializzato in diritto di famiglia e la presidente un’architetto, che oltretutto appena tre mesi prima della nomina è stata condannata per lottizzazione abusiva: ferma restando la presunzione di innocenza, una condanna in primo grado non è una condizione che favorisce piena serenità nel valutare tesi che possono riguardare ad esempio gli aspetti etici dell’imprenditoria o la prevenzione del consumo di suolo in edilizia. Aggiungo che nella delibera di giunta, in riferimento ad almeno due dei commissari, si riportano titoli dei quali ho provato a trovare conferma tra i dati di pubblico accesso: non ci sono riuscito.
L’innovazione è una cosa seria, la sostenibilità lo è altrettanto. Sono discipline distinte, sia pure affini, e dotate di un’insopprimibile specificità e dignità scientifica. Sarebbe stato bene evitare di degradarle a materia di battaglia politica o propaganda elettorale: il gioco potrebbe riuscire agli occhi degli sprovveduti, ma certo non di chi di questi temi si occupa ogni giorno. E sa bene cos’è il greenwashing e come, dietro a una cortina di chiacchiere, anche i peggiori provino a rifarsi una verginità.