Waldemaro Morgese

Waldemaro Morgese

di Waldemaro Morgese

Premessa

Il presente scritto integra quello già da me pubblicato sul fascicolo n° 154 del giugno 2016 di “Città Nostra”, con il titolo L’importanza della cultura. Di quell’articolo è una semplificazione, ma anche un’integrazione dovuta alla cortesia di quanti hanno voluto scrivermi per segnalare questioni e circostanze.

Resta intatto il quadro d’assieme che tratteggio: una realtà sconsolante dal punto di vista culturale, dato che Mola in questi lunghi anni si è caratterizzata più per una chiassosa e anche dispendiosa eventistica “turistica”, di scarsa qualità, che non per iniziative che sappiano dire qualcosa di culturalmente importante entro e al di fuori delle sue mura.

Correggere questa direzione di marcia esiziale è impresa molto difficile. Ma bisognerà pure che qualcuno, prima o poi, vi si cimenti!

 Importanza dei beni culturali

Il Museo "Pino Pascali" di Polignano

Il Museo “Pino Pascali” di Polignano

I molesi difficilmente potranno vedere il magnifico, spettacolare e inquietante film-opera AES+F, “allegoria sacra” di Tatiana Arzamasova, Lev Evzovich, Evgeny Svyatsky+Vladimir Fridkes. Premio Pino Pascali 2015, XVIII edizione, proiettato a Polignano a Mare per alcune settimane e presentato in contemporanea anche alla 56a Biennale di Venezia.

Il motivo è che Mola non ha un museo degno di questo nome, come invece ce l’ha Polignano a Mare con la Fondazione Museo Pino Pascali, già dal 1998.

Ho fatto un esempio-incipit, simbolico per così dire. Ma per comprendere lo stato zoppicante della cultura a Mola conviene previamente formulare una petizione di principio tesa a demitizzare l’importanza dell’eventistica. Fondare una politica culturale sull’eventistica senza aver prima dedicato la massima attenzione ad altri ben più importanti profili, costituisce un errore che condanna le politiche culturali di un territorio all’insignificanza.

In campo culturale occorre puntare l’attenzione anzitutto su quei presìdi materiali o immateriali che sono genuina espressione del territorio, di cui conservano e sviluppano nel tempo la dinamica identità; essi – che potremmo anche definire “beni culturali” – attendono solo di essere valorizzati in quanto tali, enfatizzando le possibili sinergie, perfino le più ardite ed innovative. A partire da essi è possibile costruire visioni, progetti, sperimentazioni, gestioni con un respiro poliennale.

L’eventistica invece è un grande miscuglio più o meno brillante, più o meno valido, più o meno interessante: non è affatto da demonizzare a condizione che sia degna, ma è per sua natura effimera.[1]

Quindi, il profilo culturale di una città non può fondarsi sulla mera eventistica, per quanto valida e di qualità: ciò dovrebbe essere chiaro, ma non lo è affatto. I processi fondati sull’eventistica possono arricchire, vivacizzare, ma non possono essere la colonna portante, l’humus fecondante di una politica per la cultura che voglia aspirare ad essere duratura nel tempo. La colonna portante di una politica culturale deve invece fondarsi in primo luogo su quei “segni” materiali e immateriali dell’identità di un territorio, cioè della sua storia diacronica e sincronica.

Ebbene, Mola purtroppo nel campo culturale vive in gran parte di eventistica effimera, mentre ai “segni” del proprio patrimonio culturale ha dedicato finora scarsa attenzione e scarsissimo volume di investimenti finanziari: in ciò consiste la sua debolezza quale città di cultura.

Si potrebbe obiettare, in modo radicale, che la cultura serve sì ma non è indispensabile: meglio intraprese industriali, turistiche e commerciali. A parte che a Mola anche queste zoppicano, un ragionamento così sarebbe oltremodo miope e fallace: una comunità in-colta è destinata a soccombere non solo nella competizione con il resto del mondo, ma anche nelle relazioni cooperative, per il semplice motivo che le viene a mancare la risorsa umana pensante, che è alla base di ogni progredire.

I patrimoni culturali pubblici e privati a Mola

teatro comunalePer riempire di contenuti concreti il nostro ragionamento, elenchiamo ciò che a Mola possiamo considerare patrimoni utili a innervare una politica culturale adeguata:

  1. Realtà pubbliche:
  • Teatro Comunale “Niccolò Van Westerhout”
  • Biblioteca Comunale “Giuseppe De Santis”
  1. Realtà private (profit o noprofit):
  • “Città Nostra – Il giornale dei molesi”
  • Biblioteca parrocchiale “Marino Marangelli” (promossa dalla Parrocchia “Sacro Cuore”)
  • Teatro Angioino – Centro Culturale Teatro D’Oggi
  • Libreria “Culture Club Café”
  • Ecomuseo del Poggio di Mola di Bari (dichiarato di interesse regionale – promosso dall’Associazione Onlus “Le Antiche Ville”)
  • Multiplex “Metropolis Multicine” (almeno finché offre cinema culturalmente di qualità)
  • Biblioteca rurale “Il Poggio”
  • Centro di ricerche storiche e archeologiche
  • Festival Organistico Internazionale “Concerti di Santa Maria del Passo” (valorizza l’organo storico “Petrus De’ Simone” – promosso dall’Associazione “Arte&Musica”)
  • Atelier delle arti-Associazione culturale (valorizza il palazzo storico Martinelli-Pesce, unico esempio allo stato attuale)
  • Accademia del Canto
  • Università della Terza Età (aderente a FederUni)
  • Associazione Giovanni Padovano Iniziative Musicali (AGIMUS).[2]
biblioteca-005

La Biblioteca comunale

Quindi, la “colonna portante” delle attività culturali a Mola dovrebbe innervarsi in queste 15 realtà. Dopodiché vi è la cultura intesa come eventistica, che, si ripete, anche quando di una certa qualità[3], è da considerare come fattore di mero arricchimento del settore portante di una politica per la cultura.

Lo stato precario delle realtà pubbliche

La presenza culturale pubblica, per verità, versa in condizioni precarie:

  • il Teatro Comunale non possiede una organizzazione interina stabile (ci si affida ad appalti vari), perché in anni ormai passati, come ha ricordato opportunamente Vittorio Capotorto sulle pagine di “Città Nostra” (fascicolo n° 151 del marzo 2016), i politici a Mola persero per miopia l’occasione di costruire per il teatro comunale questa importante prospettiva
  • la Biblioteca Comunale è in condizioni che definire disastrose è un eufemismo (non certo per responsabilità del personale che vi lavora), né può attivare virtuose sinergie nel comparto MAB (musei-archivi-biblioteche) semplicemente perché i M e gli A degni di questo nome a Mola mancano del tutto, mentre riguardo alle altre B pur esistenti (quella parrocchiale e quella rurale) non ha le risorse economiche e personali per avviarle.

 La “carta cittadina della cultura”

Non solo le 2 realtà pubbliche, ma anche le 13 realtà culturali private vivono di vita difficile e con il pericolo sempre incombente di discontinuità, quale più quale meno, né è mai balenata alle Amministrazioni Comunali di tutte le compagini politiche, presenti e passate, di sviluppare un coordinamento e un sostegno obiettivati a finalità di interesse collettivo: ad esempio, mai si è pensato a unificare l’offerta culturale pubblica e privata della “colonna portante” in una “carta cittadina della cultura”, permanente ma aggiornata annualmente, in modo da far capire anche al forestiero (oltre che al concittadino) qual è il sistema culturale a Mola e quali opportunità offre nei 365 giorni dell’anno.

Naturalmente qui avanzo solo una delle possibili proposte per innervare a Mola una efficace politica culturale: ma altre sono necessarie, come ad esempio il rafforzamento deciso e rilevante della filiera MAB (musei – archivi – biblioteche).

 Quale sostegno alla cultura e perché

A questo punto vi è necessità di formulare un discorso molto chiaro, pur se ostico. Ma tant’è: occorre sempre avere il coraggio di dire cose anche non piacevoli, se è utile per migliorare la situazione.

Le uniche attività culturali che l’Amministrazione Pubblica di Mola dovrebbe sostenere con decisione, anche finanziariamente, sono le 15 realtà che abbiamo individuato, perché espressione duratura del “capitale culturale” del territorio: in modo consistente (sulla base delle possibilità dei bilanci) riguardo a quelle pubbliche, in modo selettivo e con interventi anche non finanziari riguardo a quelle private noprofit, con la offerta di servizi riguardo a quelle profit.

Per le realtà dell’eventistica, invece, il danaro della collettività dovrebbe essere risparmiato, mentre – questo sì – la Pubblica Amministrazione locale potrebbe incoraggiare le aziende industriali, commerciali e turistiche a sostenerle nei limiti delle loro possibilità.

Questo ragionamento sull’utilizzo selettivo e rigoroso del danaro della collettività (il danaro “pubblico”) non solo consentirebbe di accrescere la massa di risorse da far affluire alla colonna portante delle attività culturali, ma diventa oggi necessitato in presenza della situazione di “crisi fiscale” cui assistiamo da alcuni anni e cui assisteremo purtroppo per molto tempo ancora.

 Le “scuole” culturali

Centro Servizi Ecomuseo del Poggio di Mola di Bari

Centro Servizi Ecomuseo del Poggio di Mola di Bari

Mola di Bari è una città che ha presentato nel corso dei decenni potenzialità culturali di grande importanza, arrivando perfino ad essere luogo prospero, volta a volta, di vere e proprie “scuole culturali” in campi vari: una scuola musicale, di cui si sono evidenziati i lineamenti in un libro pubblicato nel 2007 (A. Monachino-V.Bartolo-G.Monachino, Il Teatro Musicale nella terra di Mola di Bari, Edizioni dal Sud); una scuola teatrale (per cui rinvio al volume Conosci il tuo paese 2, ArtStampa 2015); attualmente anche una vera e propria scuola letteraria, che vede come protagonisti scrittori quali Andrea Laterza, Marisa Vasco, Gabriella Genisi e altri.

Ma tutte queste potenzialità non si sono fecondate a vicenda, stratificandosi l’una sull’altra, anzi si sono via via perse, sono rimaste ai margini, non sono riuscite a fare massa critica e sinergica, semplicemente perché è sempre mancato un milieu facilitatore, la concimazione di un humus che ne permettesse la duratura fioritura.

Una rivoluzione copernicana

Chi dovrebbe rimboccarsi le maniche – con lungimiranza – per offrire queste opportunità di facilitazione e di fertilizzazione, di “messa a sistema”, a fattor comune? I poteri pubblici, naturalmente, senza prevaricare, ma ausiliando, incoraggiando, sostenendo.

Soprattutto capovolgendo l’impostazione finora prevalsa[4]: insomma dando importanza, sul piano finanziario e della offerta di servizi reali, pressoché soltanto a quella che abbiamo definito la “colonna portante” della cultura. Una vera rivoluzione copernicana!

Ma la consapevolezza di quanto sia necessario questo radicale cambiamento di strategia, aimè, manca del tutto oggi a Mola.

NOTE:
[1] Quanto qui esposto si fonda su specifiche teorie che argomentano l’importanza del “capitale culturale” quale fattore identitario di sviluppo di un territorio. Inoltre il capitale culturale è da un lato fra gli elementi attivatori dei cosiddetti milieux innovateurs concettualizzati da Philippe Aydalot, dall’altro è protagonista di quei processi di “patrimonializzazione” che potenzialmente contribuiscono ad arricchire l’attrattività di un territorio e ad accrescerne la percezione sociale. Cfr. I territori del patrimonio, a cura di Roberto Balzani, ilMulino 2015.

[2] Città Nostra, Accademia del Canto, AGIMUS, Università della Terza Età, Centro di ricerche storiche e archeologiche sono laboratori – in alcuni casi fortemente radicati nel territorio – di segni materiali o immateriali in vari campi della cultura. In particolare AGIMUS potrebbe rafforzare la pratica laboratoriale e la ricerca identitarie (ad esempio dedicandosi anche alla “scuola musicale molese”), in modo da integrare l’eventistica. Esistono anche alcuni centri di riflessione sulla cultura, senza dubbio utili, come ad esempio “Il periscopio – Osservatorio della vita culturale e politica molese”, diffuso nel web.

[3] Penso ad esempio al Festival “Kantum Winka”. O anche all’esperienza del “Comitato per la Diffusione della Cultura Musicale”.

[4] Che ad esempio enfatizza le cosiddette “estati molesi” e simili, ove si assiste a un confuso guazzabuglio di iniziative di natura “culturale” e turistica” con uno spreco non indifferente di risorse finanziarie e con il sostegno ad attività in buona parte di scarso valore. L’idea che la cultura debba essere utile al turismo (cioè alle attività economiche), piuttosto che a “coltivare” la mente, cioè la risorsa umana, è purtroppo molto diffusa e ha origini nelle tradizionali impostazioni dell’UE (peraltro in fase di riconsiderazione, oggi). Altrimenti non si capirebbe perché investire in “cultura” solo in estate! Mola dispone di alcuni format di buon impatto turistico (ad es. la “Sagra del Polpo” e il “Palio dei Capatosta”), assolutamente privi di contenuto culturale ma funzionali a creare sia pur modesti movimenti finanziari legati al turismo stanziale o comprensoriale. L’importante è avere consapevolezza che le politiche culturali e la cura dei beni culturali sono una cosa, le politiche turistiche un’altra e che gli obiettivi delle une sono ben diversi da quelli delle altre. Sulla problematiche cultura/turismo e sulle implicazioni delle politiche UE mi sia permesso rinviare a: W. Morgese, Gli enti dell’erogazione culturale: le politiche strategiche e di spesa della Regione Puglia al bivio, in Bepi Acquaviva e Nicola Marrone (a cura di), Spettacolo dal vivo e mercato: il caso Puglia, Edizioni dal Sud 2016; consultabile anche on line in http://platea.consiglio.puglia.it

 

Condividi su: