di Nicola Rotondi
Quello che riporto ai lettori l’avrei scritto anche da privato cittadino; come tale, non avulso dalle dinamiche, dalle opportunità e dai cambiamenti che incorrono nel contesto locale in cui vive da sempre e vorrebbe continuare a farlo.
Si potrebbe obiettare che stia sfruttando questo mezzo di comunicazione per perseguire uno scopo di natura privatistica, ma l’annosa vicenda che investe il sottoscritto, insieme ad altre persone di pari dignità, richiede malvolentieri una parziale sovrapposizione tra l’ambito personale e il ruolo di modesto cronista.
Ci tengo anche a spegnere sul nascere qualsiasi tentativo di affibbiare a questa riflessione scritta un carattere politico. Allo stesso tempo, prendo le distanze da strumentalizzazioni di ogni genere e sorta: queste righe sono maturate responsabilmente nella piena autonomia di pensiero e non intendono certo offendere i rispettabili amministratori comunali, ma a loro si rivolgono per ottenere risposte concrete (e, a questo punto, celeri) a fronte di una questione non più procrastinabile.
Nemmeno su Marte, mi verrebbe da dire mentre ripenso a questa traversia senza fine. Marte è anche il nome della cooperativa edilizia di cui faccio parte. Per gli antichi romani era il dio della guerra: guarda caso, è raffigurato nella carta intestata della cooperativa, ma per non urtare la suscettibilità di nessuno può rimanere confinato negli affascinanti episodi della mitologia classica.
Essendo già nota al pubblico locale, si ometteranno opportunamente le vicissitudini che stanno tormentando la cooperativa Marte e non le permettono di avviare il proprio programma edilizio nel Pirp Cerulli: lettere a mezzo stampa, corrispondenze varie, interrogazioni comunali (dai toni anche violenti) sono depositate agli atti e a disposizione di chi vorrebbe approfondire. Come del resto anche le risposte: a volte irritate, a tratti benevole, in alcuni casi anche di senso opposto rispetto alla volontà politica originaria.
Nel frasario squadernato da amministratori e politici interpellati e sollecitati sulla vicenda, ogni categoria della retorica può ritenersi degnamente rappresentata per tutte le parole spese a riguardo. Da quelle più rassicuranti a quelle che invocavano (ancora) tempo e pazienza. All’atto pratico, però, sono mancate quelle azioni conseguenti che avrebbero potuto risolvere, e in tempi più accettabili, una situazione che si protrae da più di un anno, senza che sia stato compiuto un mezzo passo in avanti utile al pieno conseguimento dello scopo sociale della cooperativa. L’unico atto prodotto è una lettera con la quale si chiede al sodalizio e all’impresa associata di comunicare il mancato accordo.
In occasione di uno dei vari incontri con l’amministrazione, verso fine gennaio 2016, chiesi sarcasticamente agli illustri interlocutori se per agosto si sarebbe vista l’agognata risoluzione della vicenda, attraverso la riapertura del bando – assimilabile a una vera e propria araba fenice – o qualsivoglia strumento o provvedimento. “Ma per forza. Al comune servono i soldi per le opere di urbanizzazione” fu la replica.
Oggi siamo quasi a fine luglio: a meno di miracoli, cui difficilmente si fa affidamento quando raramente se ne vede uno, si può scorrere il calendario fino a metà settembre, corrispondente al periodo post festa patronale. Anche i ritardi hanno le loro tradizioni. Qui, a Mola.
Nel frattempo, i soci si spazientiscono, montano esasperazione e sfiducia. Un progetto che ha condizionato e appassionato percorsi di vita per contrappasso diventa un ostacolo da rimuovere. Sì, perché sono stati versati dei soldi, anche in maniera avventurosa per coprire delle quote mancanti ai tempi del convenzionamento. Sì, perché, nonostante questo, non siamo titolari e proprietari di nulla.
Con la pervenuta inconciliabilità tra le esigenze personali-famigliari e la persistente stagnazione, alcuni “compagni di viaggio” hanno abbandonato il progetto. Per riavere le somme versate, chissà quando. Ma c’è anche altro. Vi è persino un paniere di sentimenti collaterali con cui fare i conti. La frustrazione, la ritrosia nel volgere lo sguardo oltre la ferrovia, dove svettano le gru dei palazzi in costruzione, o peggio ancora nel recarsi direttamente presso i luoghi del cantiere. Nemmeno per immaginare o sognare il quartiere che verrà e la casa in cui abiterai.
Come non pensare allo scoramento che strozza le parole con le quali spiego ad amici, parenti o agli stessi soci di quelle cooperative “fortunate” che, pur con altri tipi di problemi, vedono comunque le fondamenta di un’aspettativa piantarsi nel sottosuolo, lanciarsi in altezza e cingersi nel perimetro. Dopo tutto questo tempo, non sono nemmeno certo che abbiano davvero colto tutti i bizantinismi che impediscono alla “Marte” di unirsi alle altre costruzioni. E così, di volta in volta, fino a quando si riproporrà la mortificante domanda: “Beh, a che punto siete?”
Si attendevano soluzioni dalla politica, ma la mia memoria corre alla campagna elettorale di un anno fa, quando sulle sorti della cooperativa si è giocata una feroce battaglia manovrata in maniera a dir poco discutibile da personaggi estranei alle circostanze contingenti. E quando la politica gioca a dadi e rincorre il cinismo sulla pelle di altri non è più politica. Diventa un’altra cosa.
Va in dissolvenza anche la speranza di assistere finalmente alla vera svolta. Eppure, benché ideale, avrebbe un impatto pari alla posa della prima pietra. Basterebbe un battito d’ali da parte di chi è deputato ad assumere decisioni a riguardo, una volta esperite le verifiche del caso (insostenibili, dopo più di un anno) in punta di diritto. Basterebbe quello a toglierci di dosso la stigma di “sfigati del Pirp”.
Rimanendo nel politicamente scorretto, nelle mie riflessioni s’insinua come un tarlo il più affilato degli interrogativi: una città, la tua città, dei tuoi affetti e dei tuoi patemi, ma pur e per sempre tua, che non ti permette di realizzare il sogno, il desiderio, la realizzazione di una casa merita ancora la tua residenza? Con quanto raccolto sinora, forse è meglio su Marte: pare che lì ci sia vita…
Esprimo solidarietà al socio e a tutti i soci della cooperativa Marte, ma estendo a quanti, di altri sodalizi, stanno ansimando per le stesse o simili ragioni.
Sembra che questo Comune (scomunicato), probabilmente per inadeguatezza di alcuni protagonisti nella cabina di regia del piano PIRP, voglia dissacrare il bene “CASA”.
Il prossimo anno questo “sogno” compirà “solo” 10 anni da quel maldestro “sorteggio”.
…e speriamo che non diventi un “incubo”.
Questa amministrazione è incapace di tener fede alle innumerevoli promesse elettorali.In primis sul Pirp, sia sul fronte urbanizzazioni che sull’aspetto legato ai nodi da sciogliere per i lotti da assegnare e per le coop che come Marte attendono risposte.Inutili le interrogazioni dell’opposizione, ormai non fanno più notizia nemmeno le sfuriate di Delrè e Diperna.La cosa che conta per questa amministrazione è la sagra del polpo, per il resto si è visto ben poco.Tante fotografie di opere attribuibili ai predecessori.
Purtroppo in un anno di amministrazione, il bilancio è piuttosto negativo, hanno dimostrato l’incapacità a gestire un paese che sta arretrando nel degrado e nell’immobilismo.
“I cooperatori non dovranno spendere neppure 1euro di più” cantava un anno fa il sindaco al Castello durante l’incontro con i soci delle cooperative.
Questo straziante racconto dovrebbe far saltare da sulla sedia ogni “padre-amministratore” nella ricerca di soluzioni IMMEDIATE.
Ma siamo tornati ad occuparci di Sagre, feste e giochi. Per parlare con il Sindaco basta recarsi nei luoghi in cui avvengono queste manifestazioni un paio di ore prima che lui è lì a “prendere aria”… invece di lavorare nella ricerca delle soluzioni ai tanti problemi che affligono questa nostra Città.
Il Sindaco e l’amministrazione, oggi, sono uno di quei problemi. Il principale forse.
Verissimo! Che valore aggiunto da un sindaco che assiste durante i preparativi della sagra del polpo?Con tanti problemi serissimi che affliggono il nostro paese, questi sono buoni solo a salire sui palchi.Immaginate ulteriori quattro anni di totale immobilismo.
Chi ha votato per colore politico, gli amici, ed amici degli amici invece di preferirli per comprovate capacità e competenze (di chi oggi amministra), ha fatto malissimo e se ne pentirà ancora per quattro lunghi anni.
Diperna e la sua squadra, dovevano poter continuare il loro lavoro per poterlo portare a termine, ma i molesi (una parte), pensano di essere intelligenti solo una volta ogni 5 anni e sbagliano, a spese di chi più modestamente si ritiene normale… É passato appena un anno, ma il paese è arretrato di 5 !!!
Vivró con la speranza che il paese progressi,ma forse moriró disperato… Solo a Mola nulla avanza, abbiamo la sindrome del gambero.
A me dispiace che il comune ha perso alcuni finanziamenti, tra cui quello del porto (illuminazione e mercato ittico).
Qualcuno dovrebbe dire ai nostri amministratori pro-tempore che non ci sono più i finanziamenti a pioggia, ma bisogna accaparrarseli facendo a gara con altri comuni, insomma una guerra tra poveri.
E vedo che non fanno nulla per intercettarli, come successo sotto Natale scorso quando furono stanziati fondi per il recupero di beni culturali.
Forse chi li ha votati aveva nostalgia delle sagre del polpo extra large ma quelle sono ormai un lontano ricordo, irripetibile. Anche quella che verrà sarà nel segno dell’austerity (meno male).
Durante il consiglio comunale di ieri è andata in scena la replica degli ultimi 12 mesi….a fronte delle stesse questioni sul pirp cerulli, arrivano le stesse risposte faremo vedremo valuteremo….evviva la sagra del polpo ed il palio dei capatosta! Mettili a fare feste e a banchettare e sono buoni, per il resto solo una lunga scia di finanziamenti persi e di ritardi ingiustificabili…per la serie “parlo poco e lavoro moloto”