miseria e nobiltàdi Nicola Rotondi

Il gruppo “Il Palcoscenico” è impegnato a bissare l’esperienza positiva di “L’importanza di chiamarsi Ernest” con “Miseria e nobiltà” di Edoardo Scarpetta, opera importante del teatro italiano, giunta al successo anche grazie alla trasposizione cinematografica interpretata da Totò e Sofia Loren.

C’è un motivo di più che ha ispirato il maestro Nilla Pappadopoli nel portare in scena questa farsa teatrale. Quello che sarà rappresentato è un tributo a Luca De Filippo, scomparso l’anno scorso: “Spero sempre che per il prossimo spettacolo” dice la regista “i suoi famigliari possano venire qui a Mola per ritirare un premio alla sua memoria”.

Partendo da questa doverosa premessa, Nilla descrive così il lavoro in allestimento: “La mia “Miseria e nobiltà” è classica, come il copione, però ho pensato bene di renderla più frizzante. Intendo utilizzare in toto il teatro: alcune scene si svolgeranno in platea oltre che sul palcoscenico. “Miseria e nobiltà” è stata rappresentata tante volte e in versioni diverse. Ci sono state tantissime rappresentazioni: quella raffigurata nella locandina è una delle primissime. Il copione è quello originale della versione cinematografica”.

La precisazione è d’obbligo: “E’ una farsa – non una commedia – in due atti. Ho apportato variazioni sulla parte scenica e sull’ambientazione, non ottocentesca bensì anni ’50 del secolo scorso. Il film deve molto al teatro in quanto è stato realizzato per momenti e non secondo un unico flusso narrativo”.

C’è la riconferma del cast, il quale si misura con un lavoro differente rispetto al primo: “Stefania, già Gwendolen Fairfax, qui è una popolana e arriva a scontrarsi duramente con la nostra Donna Luisella Isabella Gaudiuso: i due personaggi, rispetto alla commedia di Wilde, sono diametralmente opposti. Il personaggio di Vincenzo, su sua scelta, è interpretato da Stefano Difonso: lo sentiva calzato su se stesso”.

Viene mantenuta la coppia principale Nicola Desilvio e Marino Marangelli, rispettivamente Don Felice Sciosciammocca e il suo compare Pasquale. “Nelle compagnie teatrali, si usa confermare i ruoli. Il gruppo si è ben amalgamato. Marino e Nicola sono spalla l’uno dell’altro. Nicola e Isa Gaudiuso pure: come nella prima commedia, il primo viene bacchettato dal secondo. Normalmente, nelle compagnie teatrali si cerca di riproporre l’assetto dei ruoli, anche perché il gruppo si è amalgamato. L’austerità del maggiordomo Lane, per esempio, la ritroviamo in Stefano-Vincenzo, che bacchetta don Felice per la sua condotta immorale. Angeliana, già Cecily, questa volta è la figlia di Semmolone, ma si riconferma nella parte fresca e giovane, in tandem con Donna Bettina alias Isa Colucci. Abbiamo varie new entry come Giuseppe Aversa, Mariangela Lamanna, Giorgia Dipierro, Nunzio Dell’Erba, Giuseppe Romagno, Caterina Palazzo, Alex Orlando, Annarosa Moccia, Maria Morelli, Giuseppe Pappadopoli e Biagio Delvecchio che si sono messi in gioco”.

Sul palco si avvicendano tanti personaggi; scelta oggigiorno controcorrente, come spiega Nilla: “Ultimamente in teatro copioni di questo tipo cominciano a essere rari perché i costi di produzione sono molto elevati. Vanno di moda i monologhi. Nelle opere amatoriali è complicato trovare tante persone che possano recitare”.

Differenze in termini dinamici e scenografici: “Musicalmente parlando, questa è il battere in un solo movimento. La farsa napoletana si distingue non per le battute, come la commedia inglese, ma dai personaggi che animano la scena. L’attore fa ridere già da come appare. Non è quello che dici, ma quello che fai, come ti muovi. Non esiste l’attore principale e il comprimario. Mentre recitano, sono tutti protagonisti, come tanti sketch legati tra loro. Ognuno di loro ha un momento di ribalta”. Nilla li definisce “cammei”: lo stesso termine con il quale ha convinto il cronista a partecipare a questa esperienza.

Vi è più di un parallelismo di questa opera teatrale con i tempi moderni: “E’ molto attuale. La gente va a impegnare l’oro ai negozi “compro oro” per poter andare avanti, come don Felice che porta un anello di oro al monte di pietà per poter andare avanti. Nei tempi moderni, le famiglie nobili che non hanno soldi ostentano albagìa, boria pur non avendo un soldo. Altro elemento reale è quello della famiglia allargata: Don Felice vive con suo figlio e la sua amante dando vita a una farsa nella farsa”.

Appuntamento quindi il 7 e l’8 settembre al Teatro Angioino per questo omaggio a un grande artista da parte di un ensemble giunto alla prova della maturità.

miseria e nobiltà

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Condividi su: