di Nicola Rotondi
“Il problema non è stato risolto”. Se l’annosa e insoluta questione meridionale è sparita dall’agenda governativa, la sua storia e i suoi destini possono essere riscattati attraverso iniziative come “Carnefici”, il nuovo saggio di Pino Aprile presentato lunedì 22 agosto nel Castello Angioino in un evento organizzato dal Culture Club Cafè e dall’amministrazione comunale.
Introdotto dai saluti del sindaco Giangrazio Di Rutigliano e da una prolusione di Waldemaro Morgese, l’autore ha esposto parte di quelle prove testuali che testimoniano la depredazione e la sottomissione sanguinose cui il Sud è stato sottoposto ai tempi dell’Unità d’Italia.
Il Sud: più di un’area geografica, un Paese vero e proprio. “Il più grande dell’Italia preunitaria. Siamo diventati meridionali quando qualcuno ha deciso di diventare settentrionale. Non eravamo meridionali di nessuno. Il Sud non era più povero del Nord, ma nemmeno più ricco”. A dimostrazione di un certo equilibrio socio-economico, Aprile sottolinea che nei millenni nessuno era andato mai via dal Sud prima dell’Unità d’Italia (“Qui sono arrivati tutti i popoli: era la terra di maggior immigrazione esistente”).
La corsa all’acquisizione delle terre affidate dal regno borbonico ai poveri è la miccia dei conflitti esplosi con l’invasione piemontese. I latifondisti si alleano con gli invasori e, in cambio della libertà di appropriarsi dei beni comuni, collaborano alla distruzione del popolo.
Il titolo, afferma Aprile, non è una forzatura di parole: “Genocidio non è uccidere una moltitudine di persone. E’ il reato che si commette quando si pongono in atto una serie di azioni che cancellano l’identità di un popolo affinché venga cancellata la sua memoria. Per essere una comunità dobbiamo sapere chi siamo. Cosa ci rende comunità? Storia, esperienza e saperi in un percorso che ci unisce”.
Il mito del Risorgimento ha rimosso il reale svolgimento dei fatti: la “piemontizzazione” coattiva di un vasto territorio. “Non abbiamo unificato l’Italia, ma abbiamo allargato il Piemonte”, fu detto in Parlamento.
Si tratta di una narrazione che emerge da fonti documentali, dibattiti parlamentari e relazioni ministeriali, ma c’è di più. “Come è stato possibile che dal 1860 al 1871 al Sud risultano 450mila persone in meno, in assenza di fenomeni migratori significativi?” si chiede Aprile.
Sono le vittime dell’annessione del Sud, deportate nei campi di concentramento, fucilate, torturate. Sparite persino dai numeri dei censimenti dell’epoca. Sconosciute e abiurate in un processo di unificazione (o di fusione?) che ha distorto irreversibilmente la sorte di due Paesi: il Sud prima e l’Italia dopo.
Un’ampia recensione del libro “Carnefici” di Pino Aprile verrà pubblicata sul prossimo numero di settembre, con un articolo di Waldemaro Morgese.
Opera meritoria “Carnefici” di Pino Aprile. Devo, però, precisare che, nel testo, ci sono zone minate. Ne cito una: “….. con un plebiscito taroccato i Savoia divennero i re d’Italia, con un referendum taroccato smisero di esserlo….” (p. 438).
“FERM O BALL AGGIE VIST A MOSS!”
Il lettore si vede propinare una verità inappellabile, condita come certa. Se passa, passa!
Avessero vinto i Savoia, oggi, avremmo detto la stessa cosa, perché, i Savoia, erano maestri del taroccamento (in quell’occasione non riuscì o non fu possibile!).
Un re, che ci regala un Mussolini guerrafondaio e corrotto insieme ai suoi gerarchi; un re, che ruba agli italiani per far sopravvivere intere generazioni di savoiardi (che, ogni tanto, fan capolino per tornare al potere, sfruttando il “caos” che hanno combinato le caste repubblicane di oggi); voi che dite? Si può fare, impunemente, la suddetta affermazione?