di Andrea G. Laterza

In primo piano, sotto le mura del Castello, l’area di sedime dopo la demolizione del cinema in una foto del 22 luglio 1997

Lunedì 20 febbraio è prevista una nuova udienza della causa giudiziaria che vede in contenzioso il Comune di Mola e l’ex proprietario del suolo, Roberto Patano, sul quale sorgeva il cinema Castello.

Il Comune di Mola rivendica la demanialità dell’area a fronte della richiesta di Roberto Patano del rientro nel pieno possesso del suolo, con un cospicuo risarcimento danni che potrebbe dissestare le già esangui casse comunali.

La vicenda è molto lunga e complessa: i lettori possono trovare ogni particolare nel “Dossier Castello” pubblicato da “Città Nostra” in quattro parti, nei numeri Marzo-Aprile-Maggio-Giugno 2015. Si tratta di un documento unico, che contiene ogni aspetto relativo ai suoli che circondano il Castello Angioino, dai tempi della feudalità ad oggi, elaborato con documenti storici anche inediti.

Ricordiamo come e perché è nato il contenzioso.

Per venire al giudizio attuale, va detto che i legali di Roberto Patano, già proprietario del cinema Castello, presentarono un ricorso al TAR nel settembre 2011 con una richiesta di risarcimento danni al Comune di Mola per illegittima acquisizione del suolo di sedime del cinema abbattuto nell’aprile 1995. Patano, tramite i suoi legali, chiedeva in sostanza un risarcimento in ragione di € 500,00 al giorno per ogni ulteriore ritardo nell’esecuzione del giudicato che riveniva dalla sentenza del Consiglio di stato n. 5166/2009. In essa il Comune di Mola venne condannato a restituire al Patano l’area di sedime del demolito cinema. Peraltro, nel 2011 il Consiglio di stato rifiutò il ricorso del Comune di Mola per la revocazione della sentenza del 2009.

Nel frattempo, come è ben noto, da alcuni anni il suolo aveva completamente mutato fisionomia essendo stato adibito ad area pubblica a verde e camminamenti, a servizio del Castello Angioino completamente restaurato. Il Comune però si guardò bene dal restituire il suolo al Patano, catastalmente censito al foglio di mappa n. 47, particella 2182.

Ovviamente, i legali di Roberto Patano andarono avanti proponendo, nel 2013, davanti al Consiglio di Stato, il giudizio di ottemperanza affinché venisse ordinato al Comune di Mola di dare piena e puntuale esecuzione al giudicato formatosi con la sentenza n. 5166 del 2009.

La situazione sembrava assolutamente senza via d’uscita. Il Comune avrebbe dovuto non solo restituire il suolo ma anche pagare un forte indennizzo richiesto dal Patano in ragione di € 500,00 al giorno per ogni ulteriore ritardo nell’esecuzione del giudicato.

Il Sindaco Diperna decise a quel punto d’intesa con il legale del Comune avv. Luigi Paccione, di tentare in giudizio la strada della rivendicazione della demanialità del suolo. Una mossa da ultima spiaggia che, se ben condotta, avrebbe risolto alla radice l’intera vicenda: tuttavia, essa necessitava, in ogni caso, di robuste argomentazioni storico-giuridiche.

Per le ricerche storiche, lo storico barese Pasquale B. Trizio, incaricato di condurle, produsse due relazioni molto importanti allegate all’iter giudiziario.

Pertanto, acquisita una prima documentazione storica che attestava la demanialità dell’area, il Comune di Mola, costituitosi nel giudizio di ottemperanza, dedusse in via pregiudiziale “l’inammissibilità della domanda del Patano di restituzione del suolo perché appartenente al demanio pubblico in quanto parte dell’antico fossato del Castello Angioino a diretto confine con la spiaggia.”

Successivamente, all’esito di un’istruttoria, il Consiglio di Stato, sezione quinta, con ordinanza n. 2605 del 21.05.2014, ritenuta la rilevanza della questione afferente alla proprietà demaniale del suolo sollevata dal Comune di Mola, assegnò alla parte più diligente il termine di 120 giorni per incardinare dinanzi al giudice ordinario (Tribunale civile di Bari) “una specifica azione volta ad accertare l’effettiva proprietà del bene per cui è causa” poiché “l’accertamento della titolarità dell’area in questione non rientra nelle competenze del giudice amministrativo, ma in quelle dell’autorità giudiziaria ordinaria.”

Fu così che l’avv. Paccione, su procura del Sindaco Diperna, in data 1° ottobre 2014, provvide a citare, dinanzi al Tribunale civile di Bari, Roberto Patano oltre al Ministero dell’Economia e all’Agenzia del Demanio, agendo “a tutela dell’interesse pubblico per l’accertamento del carattere demaniale del suolo di cui si tratta in quanto bene incommerciabile facente parte dell’antico fossato del Castello Angioino.”

Molto interessanti risultano le ragioni addotte dal legale del Comune per sostenere la demanialità dell’area di sedime del demolito cinema Castello.

In particolare, nell’atto di citazione si afferma che, in base alla relazione allegata del dott. Pasquale B. Trizio, “il Castello e il fossato circostante entrarono a far parte del demanio pubblico sin dal Decreto della Regia Camera della Sommaria del 12 settembre 1670, reso esecutivo nel 1775” (a tal proposito, si vedano tutti i riferimenti alla “Relazione Trizio”, apparsa nella prima parte del Dossier Castello, “Città Nostra”, numero di Marzo 2015).

Inoltre, così riporta in diritto l’avv. Paccione: “L’area urbana catastalmente censita al foglio di mappa n. 47 particella 2182, partita 1000445, costituisce il sedime dell’antico fossato del Castello Angioino a diretto confine con il mare e fa parte del demanio pubblico comunale ai sensi delle norme di legge.” Tuttavia, “la particella 2182 figura assurdamente in catasto come di proprietà privata. Sta però di fatto che mai nessun atto di sdemanializzazione risulta emesso con riferimento al fossato del Castello Angioino e alle aree ad esso adiacenti coperte dal mare sino a tutta la fine del XIX secolo, onde gli atti privati che hanno disposto il trasferimento di tale bene incommerciabile devono reputarsi irrimediabilmente nulli di diritto, ivi compresi, principalmente i due atti notarili di donazione del marzo 1981 a favore del convenuto Roberto Patano” che “pretende erroneamente di essere proprietario di detto suolo demaniale e a tale fine invoca titoli negoziali che appaiono nulli di diritto a motivo della condizione giuridica del bene che ne impone l’inalienabilità e l’impossibilità per i terzi di acquisire diritti su di esso”.

Nelle conclusioni dell’atto, l’avv. Paccione chiede al Tribunale di Bari di “provvedere ad accertare e dichiarare che: a) il suolo in Mola di Bari, catastalmente censito al foglio di mappa 47, particella 2182, partita 1000445, alla data di entrata in vigore del codice civile del 1865 costituiva parte del fossato del Castello Angioino di Mola di Bari a diretto confine con il mare; b) il Castello Angioino, sino alla prima metà del secolo scorso, ha costituito fortezza militare operativa a servizio della difesa nazionale; c) il suolo in discorso costituisce area demaniale pubblica comunale.” E, inoltre, di “ordinare a Roberto Patano di astenersi da ogni molestia alla piena fruizione pubblica della suindicata area demaniale trasformata in giardino comunale.”

In via istruttoria, l’avv. Paccione ha chiesto al Tribunale di ammettere consulenza tecnica d’ufficio per accertare: “a) l’esatta delimitazione del fossato del Castello Angioino alla data di entrata in vigore del codice civile (25 giugno 1865); b) se il Castello Angioino, a far data dall’Unità d’Italia è stato utilizzato come fortezza militare operativa e se sì, sino a quale data; c) l’esatta delimitazione delle aree sottratte al mare, in prossimità del Castello Angioino, lato Nord-Ovest dello stesso, a seguito della colmata dello specchio acqueo sottostante il detto Castello.”

In seguito all’atto di citazione del Comune di Mola, il Consiglio di Stato, in data 11 novembre 2014, ha preso atto di tale “domanda al giudice civile, al fine di accertare l’appartenenza al demanio pubblico dell’area in questione” e, pertanto, “sussistendo con evidenza un rapporto di pregiudizialità del giudizio civile rispetto a quello proposto in questa sede, dispone la sospensione del giudizio, ai sensi dell’art. 79 del codice del processo amministrativo e dell’art. 295 del codice di procedura civile.”

In sostanza, soltanto dopo che il Tribunale di Bari avrà deciso sulla titolarità dell’area di sedime del cinema demolito, il Consiglio di Stato si pronuncerà definitivamente. Si tratterà, ovviamente, di una decisione obbligata perché sarà la pronuncia del giudice civile a tracciarne la strada.

Dopo l’udienza di comparizione del 20 febbraio 2015 vi è stato un successivo tentativo di mediazione il 30 marzo 2015, obbligatorio per legge, ma dall’esito negativo. Ovviamente, nel costituirsi, Roberto Patano ha rigettato ogni ipotesi di demanialità dell’area. Però, la vera novità sta nella costituzione dell’Avvocatura distrettuale dello Stato di Bari, per conto dell’Agenzia del Demanio e del Ministero dell’Economia.

In particolare, nella comparsa di costituzione e risposta, il Procuratore dello Stato avv. Lydia Fiandaca se da un lato aderisce alle difese e alle richieste del Comune di Mola, “in ordine al riconoscimento della natura pubblica e non privata dell’area in oggetto”, dall’altra chiede, in via riconvenzionale, “che ne venga accertata e dichiarata l’appartenenza al demanio statale, nella specie al demanio marittimo e, per l’effetto, escludere la natura di area demaniale comunale.”

In sostanza, l’Avvocatura dello Stato rivendica, a sua volta, la proprietà dell’area ritenendo che il suolo, per la sua antica appartenenza alla costa, sia di esclusiva proprietà del demanio marittimo che, per le norme giuridiche generali, non può mai essere comunale bensì soltanto statale.

In particolare, così si esprime l’Avvocatura dello Stato: “Lo stesso Comune afferma che agli inizi del secolo furono eseguiti imponenti lavori di colmata dello specchio delle acque sottostanti il Castello (lato mare) e fu realizzata un’arteria stradale che separò definitivamente dal mare il detto complesso e le aree adiacenti. Tale circostanza è sufficiente a far ritenere che le aree in precedenza occupate da specchi acquei e successivamente colmate, appartengono ancora per ciò solo al pubblico demanio marittimo dello Stato”.

Lo scorso anno, il 17 ottobre 2016, si è tenuta una nuova udienza ancora interlocutoria.

Lunedì 20 febbraio, il prossimo atto.

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