di Giovanni Miccolis

 II Parte

La villa di Cala Paduano aveva numerosi ambienti secondo uno schema tipico della “domus romana”.

La pianta della villa

La casa signorile dei romani era solitamente a un solo piano, le cui parti principali erano:

-il vestibulum – un corridoio, spesso adornato da statue e colonnati che collegava la domus alla strada;

-l’atrium, – il locale più grande che presentava un’ampia apertura nel soffitto (impluvium) in corrispondenza della quale, nel pavimento, era incavata una vasca rettangolare (compluvium), destinata a convogliare l’acqua piovana, che poi finiva in una cisterna sotterranea;

-il triclinium, – una sala da pranzo posta vicino al tablinum (dove si ricevevano gli ospiti), nel quale si mangiava stesi sui letti tricliniari;

-il peristylium – la parte più interna della casa, che comprendeva il giardino, ricco di erbe e piante, circondato su ogni lato da un portico e spesso ornato da fontanelle o piscine;

-l’oecus, – un’ampia stanza di soggiorno o ricevimento, spesso decorata da affreschi;

-il cubiculum – la stanza da letto padronale;

-la culina – un ambiente piccolo e buio con il camino, un piccolo forno per il pane e l’acquaio.

La superficie (pavimentazione) della villa molese, così come descritta dalla dott.ssa Angela Ciancio a seguito dei sopralluoghi archeologici, risultava in gran parte erosa nella zona nord con danni consistenti causati non soltanto dagli eventi naturali, ma anche dalle arature del terreno. Anche la parte orientale risultava indecifrabile per lo sconvolgimento del terreno causato dalle arature ed altri interventi umani.

Le parti che era possibile analizzare erano i resti, con un’altezza media di 20/25 centimetri, di un perystilium e degli ambienti ad occidente della costruzione.

La domus infatti si sviluppava intorno ad un grande peristylium con sette colonne sul lato lungo e quattro su quello breve. La superficie pavimentale del peristylium doveva essere del tipo “scutulatum”, con tessere di diverso colore a forma romboidale per formare effetto di cubi in continuità, per tutta la parte centrale come una specie di stuoia di marmo.

Sulla parte occidentale dell’edificio il primo ambiente era quello della culina  (mt. 3,40×3,45), una piccola cucina con pavimento in argilla, che presentava superficie annerita in più punti e fori per la collocazione di contenitori.

Contiguo alla culina un piccolo ambiente, il cubiculum (mt. 3,60×3,45), la stanza da letto, con un pavimento diversificato: mosaico di piccole tessere bianche disposte ad ordito sotto le “alcove”; un tappeto a mosaico nella parte centrale con motivi decorativi floreali. Un tappeto a forma quadrata con una cornice interna formata da due trecce avvolte tra loro e formanti calici negli spazi intermedi. Al centro, altro motivo floreale, un tralcio di vite sinuosa.

Seguiva il triclinium (mt. 7,10×3,60) la sala da pranzo con un pavimento di tesselatum (assemblaggio di tessere di pietra variamente colorate), scutulatum e opus vermiculatum (tessere molto piccole per formare il contorno di figure) nel centro, a formare un emblema quadrangolare (quadro incorniciato) fatto di tessere minute di colore verde-blu, contenente una rosetta ad otto petali di forma lanceolata, con grandi foglie di acanto. Un bel mosaico con varie sfumature: ocra, giallo, beige e bianco.

Affiancato altro ambiente similare, forse ulteriore sala da pranzo (mt. 7,20×4,00), con pavimento in opus scutulatum, ma con vistose incrostazioni e danneggiamenti forse causati da arature. A causa del pessimo stato di conservazione non era possibile dedurne i decori del pavimento.

A nord della predetta una stanza, forse una oecus, in gran parte erosa dal mare e visibile per una piccola superficie di mt. 2,80×2,70. Lungo i muri sud ed ovest era possibile individuare una pavimentazione a mosaico del tipo tessellatum.

Accostato ulteriore vano visibile parzialmente per una superficie di mt. 3.90×2,70 con il pavimento conservato nell’angolo sud-ovest del tipo tessellatum.

Ad oriente del peristylium era presente un grande vano, forse ad uso di atrium, con la superficie molto incrostata e non ben definito nell’intera area. Il pavimento presentava una decorazione di mosaico del tipo tessellatum con un effetto di stuoia dell’intera superficie, con tessere verde scuro, verde chiaro e rosso arancio.

Nel suo insieme  l’esecuzione dei rivestimenti della costruzione risultava essere stata eseguita tutta al momento dell’edificazione della villa, in quanto presentava omogeneità delle tecniche.

Il materiale utilizzato era in gran parte di provenienza locale: le tessere bianche appartenevano alla cosiddetta “pietra di Gioia del Colle”; quelle colorate provenienti dalle alture vicine, il “calcare delle Murge”.

La villa marittima molese è un esemplare forse unico del II secolo dopo Cristo nella Puglia centrale, fatta edificare da un personaggio che apparteneva ad una classe dirigente socialmente avanzata e che volle nella sua abitazione tecnica e stile della “domus palatina” dei patrizi romani.   

Di quella grandiosa abitazione restano soltanto porzioni dei pavimenti e nessuna traccia delle mura e delle sue decorazioni. Tuttavia, viste le tecniche adottate, si può ipotizzare che le stanze non dovevano essere dissimili da quelle della “Casa dei Grifi” romana.

Una vera opera d’arte che i molesi non hanno saputo conservare e che, fra non molto, sarà soltanto un ricordo senza alcuna traccia. I resti indagati durante le ricerche archeologiche furono coperti e la zona recintata ma, per l’assenza di vigilanza, le violazioni dell’area protetta sono frequenti.

Vorrei ricordare che il 4 dicembre 2006 venne siglato un protocollo d’intesa tra il Comune di Mola ed il Politecnico di Bari che aveva ad oggetto, fra l’altro, la salvaguardia di cale e insenature (cala Paduano e cala delle alghe) ed il finanziamento del Progetto Integrato Settoriale (P.I.S.) “I due mari”, relativo al parco archeologico di cala Paduano. Oltre alle pie intenzioni occorrono persone credibili per tradurre operativamente i progetti! Ad maiora.

Condividi su: