di Andrea G. Laterza

La distesa di Posidonia che brucia all'”Acqua di Cristo”

LA POSIDONIA CONTINUA A BRUCIARE: IL COMMISSARIO PREFETTIZIO CHIEDA URGENTEMENTE L’INTERVENTO DELL’AGENZIA REGIONALE PER L’AMBIENTE (ARPA).

Nonostante l’intervento di spegnimento, avvenuto martedì 29 agosto a cura di Vigili del Fuoco e mezzi della Protezione civile del Comune, la posidonia continua a bruciare.

In particolare, brucia in località “Acqua di Cristo”, tra Cala Loreto e la radice del molo di levante, dove sono ammassate molte tonnellate di alghe (in realtà la posidonia è una pianta acquatica e non un’alga).

La posidonia, come altri vegetali in putrefazione, in particolari condizioni di elevate temperature e di ventilazione, può dare luogo a fenomeni di autocombustione.

Tuttavia, desta non pochi sospetti il prolungarsi del fenomeno a fronte del calo delle temperature e dell’intervento di spegnimento operato la scorsa settimana.

Vi è il dubbio, molto forte, che la combustione possa essere innescata con dolo da persone che intendono creare turbative per non meglio specificati motivi.

Distesa di posidonia a sud di Mola

Peraltro, come ha dimostrato un reportage in foto e in video, effettuato da “Città Nostra” nel 2011, intitolato “Mare nero”, all’interno degli ammassi di posidonia spiaggiati sono presenti plastiche di ogni tipo, idrocarburi e olii minerali esausti.

Vi è il fondato dubbio che vi siano persone che si liberano di materiale inquinante occultandolo all’interno dei cumuli di posidonia per evitare il conferimento presso le apposite aree di stoccaggio.

Peraltro, vi è da dire che – come abbiamo appreso da un esperto in materia –  materiali come plastica, olio e gomma possono essere innescati verso la loro combustione in presenza di preesistente combustione della posidonia.

La plastica ha un punto di infiammabilità intorno ai 220 gradi, la plastica contiene cloro nella sua matrice iniziale, pertanto bruciando e superando nel processo di combustione temperature di 350 gradi, si possono anche liberare diossine, per via di un processo denominato “sintesi De Novo”.

Non sappiamo se questo processo sia in corso all’interno della combustione della posidonia, ma il dubbio è molto forte: sicuramente le materie plastiche, gli olii e gli idrocarburi sono presenti negli ammassi spiaggiati.

Pertanto, il Commissario straordinario del Comune di Mola, in qualità di ufficiale di governo responsabile dell’igiene e sanità in loco, ha il dovere di chiedere l’intervento dell’ARPA (Agenzia Regionale Puglia per l’Ambiente) al fine di una verifica delle cause che portano alla perdurante combustione della posidonia e dell’eventuale e contestuale combustione di materiale plastico e di derivati del petrolio, con accertamento dell’eventuale rilascio in atmosfera di sostanze tossiche come le diossine.

Peraltro, ricordiamo che – per le normative regionali – il Comune di Mola è responsabile della rimozione degli ammassi spiaggiati di posidonia e che nulla è stato fatto negli ultimi anni per l’asportazione delle grandi quantità accumulatesi lungo la costa molese e, in particolare, all’Acqua di Cristo e nel porticciolo di Portecchia.

In uno studio dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) sulla “Formazione e gestione delle banquettes di Posidonia oceanica sugli arenili” (2010), si legge:

“Nel Comune di Mola di Bari, la recente costruzione del nuovo molo di levante del porto ha creato condizioni tali che hanno favorito l’accumulo di residui di P. oceanica all’interno dell’area
portuale, in virtù dell’idrodinamismo locale e della presenza di un erbario della fanerogama all’esterno in mare aperto. Attualmente, nella zona interna del porto è costantemente presente una banquette che si distribuisce dalla linea di marea sino a circa 15-20 m all’interno su una superficie complessiva di circa 1000 m2.
In considerazione dell’ingente quantitativo spiaggiato, l’Assessorato all’Ambiente del Comune di Mola di Bari nel 2007 ha proposto di utilizzare tali biomasse nell’ambito del progetto INTERREG POPRURA 2006-2008: “La Posidonia oceanica (L.) Del.: protezione, ripopolazione di praterie e utilizzazione dei residui in agricoltura” che prevedeva una attività sperimentale per il riutilizzo dei residui di P. oceanica in agricoltura(compostaggio).
L’ARPA Puglia, interessata dalla stessa Amministrazione Comunale, ha espresso parere positivo nel merito, sulla base delle seguenti considerazioni e con alcune prescrizioni:
• la banquette era situata in ambito portuale, e non su una spiaggia strutturata, quindi sono minimizzati gli eventuali effetti erosivi in caso di rimozione della stessa;
• non vi era rischio di sottrarre sostanza organica all’ambiente marino, in quanto l’ambito portuale è già di per se abbastanza “trofico”;
Si è dunque prescritto di utilizzare tutti gli accorgimenti per minimizzare l’asportazione indiretta del sedimento sabbioso (evitare la rimozione in profondità, lasciando uno strato di banquette di minimo spessore), e lasciando indisturbata la fascia “umida” a contatto con le acque marine (circa 1-2 m dalla linea di bassa marea) allo scopo di rendere del tutto trascurabili i processi erosivi.”

Successivamente, fu concesso un finanziamento per il recupero e l’utilizzo della posidonia come compost (fertilizzante) per terreni agricoli.

Il progetto pilota, denominato “PRIME”, portò anche all’utilizzo del compost prodotto per concimare le aiuole della fontana monumentale.

Dopo, il vuoto pressocchè totale: la posidonia ha continuato ad ammassarsi e nessuna operazione di rimozione sistematica è stata eseguita, se non sporadici interventi, né vi è stato alcun seguito al progetto pilota “PRIME”.

Oggi, ne raccogliamo i pessimi frutti: miasmi che avvolgono l’intero abitato, in specie quando il vento soffia da levante e da scirocco, con il dubbio che l’aria che stiamo respirando non sia semplicemente sgradevole all’olfatto, ma contenga sostanze tossiche e nocive, anche cancerogene.

Il Commissario straordinario intervenga con la solerzia che ha dimostrato in altre occasioni (ma non, ad esempio, per la bonifica igienico-sanitaria di Palazzo Roberti: per la quale ha scelto di non decidere).

E l’ARPA si metta all’opera per verificare, analizzare i materiali e la combustione, ordinare la rimozione e la bonifica, relazionare eventualmente alla Magistratura nel caso di combustione dolosa.

Questo scempio deve finire.

 

 

 

 

Condividi su: