di Andrea G. Laterza

ECCO PERCHE’ IL COMUNE DI MOLA RISCHIA DI PAGARE UN RISARCIMENTO MILIONARIO AL PROPRIETARIO DELL’EX CINEMA CASTELLO. TUTTO NASCE DA UN GRAVE ERRORE PROCEDURALE DEL 1995.

24-04-1995 – La prima picconata che avvia la demolizione totale del cinema Castello

Lunedì 14 maggio si terrà l’udienza per l’accettazione dell’incarico e il giuramento del CTU (Consulente tecnico d’ufficio) nominato dal giudice dott. Pellegrini del Tribunale di Bari.

La nomina è relativa all’espletamento della perizia finalizzata ad accertare la proprietà del suolo di sedime su cui sorgeva l’ex Cinema Castello.

E’ quanto abbiamo appreso il 20 aprile scorso dal Capo settore Cultura del Comune di Mola, dott. Filippo Lorusso.

Ricordiamo che, dopo aver perso la causa giudiziaria presso il Consiglio di Stato nel 2009,  ora il Comune di Mola, come extrema ratio, rivendica – davanti al Tribunale civile di Barila demanialità dell’area,  a fronte della richiesta di Roberto Patano del rientro nel pieno possesso del suolo, con un cospicuo risarcimento danni che potrebbe dissestare le già esangui casse comunali.

E’ l’ultima spiaggia che rimane al Comune di Mola per evitare un risarcimento milionario a Roberto Patano: solo se il Tribunale di Bari riconoscerà la demanialità del suolo il nostro Ente sarà al riparo. Altrimenti, sarà obbligatorio e indifferibile pagare l’erede del costruttore e gestore del cinema abbattuto a partire dal 24 aprile 1995.

Innanzitutto, occorre sapere  che, dopo una lunga vicenda giudiziaria, Patano ebbe a suo favore la sentenza del Consiglio di stato n. 5166/2009

Con essa il Comune di Mola venne condannato a restituire al Patano l’area di sedime del demolito cinema. Peraltro, nel 2011 il Consiglio di stato rifiutò il ricorso del Comune di Mola per la revocazione della sentenza del 2009.

24-04-1995 – La demolizione totale. Ecco Il primo varco che si apre nella facciata del cinema

Ma vediamo come è nata la questione, che è molto lunga e complessa. L’abbiamo ricostruita nel Dossier Urban pubblicato sul nostro mensile, in quattro puntate, nel 2015.

Qui riportiamo la parte che riguarda il perchè il Comune di Mola perse la causa giudiziaria: una sconfitta che ha sancito l’obbligo per il nostro Ente di restituire il suolo e pagare un cospicuo risarcimento danni al sig. Roberto Patano, erede del proprietario del cinema.

LA CONTROVERSA INGIUNZIONE DEL SINDACO MAGGI

Per area di sedime si intende, in urbanistica, il suolo occupato e reso impermeabile da una superficie coperta. Nel nostro caso si tratta dell’area sottostante all’edificio adibito a sala cinematografica: in sostanza, una volta abbattuta la costruzione abusiva, Roberto Patano rivendicò la piena proprietà di quel suolo, contro il Comune di Mola, mediante un ricorso al TAR Puglia del 19 luglio 1996.

Perché Patano propose il ricorso? Facciamo un passo indietro per capire meglio la questione.

In primo piano, sotto le mura del Castello, l’area di sedime, dopo la demolizione del cinema, in una foto del 22 luglio 1997

Tutto ha inizio nel volgere di una manciata di giorni nel lontano aprile del 1995.

Accertata ormai in via giudiziaria definitiva la piena legittimità dell’ordinanza del Sindaco Padovano del 1987, che stabiliva la demolizione dell’ex cinema, e verificato che il computo dei 90 giorni complessivi assegnati al proprietario per la demolizione erano già decorsi, al Comune di Mola non restava che accertare il mancato abbattimento della costruzione e, quindi, procedere in danno di Patano, acquisendo al contempo la proprietà del suolo a norma di legge.

Ecco, infatti, cosa scriveva in proposito il Prof. Aldo Loiodice, legale del Comune, al Sindaco Maggi l’11 aprile 1995: “In risposta alla nota prot. N. 7126 del 3 aprile 1995, facendo seguito al colloquio avuto con l’Ill.mo sig. Sindaco, riferisco quanto segue. La sentenza del TAR Puglia – Bari – sez. I n. 1062/94 è esecutiva a tutti gli effetti di legge in quanto il Consiglio di Stato, in esito all’udienza del 17 marzo 1995, nella quale è passata in decisione il ricorso N.R. 7985/94, ha respinto l’istanza di sospensiva proposta dal ricorrente Patano. Codesta Amministrazione, attesa l’esecutività della sentenza, può adottare i provvedimenti previsti dall’art. 7 della legge 28/2/1985 n. 47 e, pertanto, può adottare il provvedimento che, accertando l’inottemperanza all’ingiunzione a demolire, costituisce titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari; effettuato tale adempimento, si può procedere alla demolizione dell’immobile abusivo. L’opinione sopra esposta è stata concordata con il prof. Sorrentino e conferma quella espressa a suo tempo.”

Dunque, sarebbe bastato un sopralluogo del Comando di Polizia Municipale per effettuare la verifica e per far scattare quanto previsto all’art. 7 della legge 47/1985 che, infatti, stabilisce: “Se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di 90 giorni dall’ingiunzione, il bene e l’area di sedime (…) sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. (…). L’accertamento dell’inottemperanza alla ingiunzione a demolire, nel termine di cui al precedente comma, previa notifica all’interessato, costituisce titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente. L’opera acquisita deve essere demolita con ordinanza del sindaco a spese dei responsabili dell’abuso (…).”

In effetti, il sopralluogo avviene il 12 aprile 1995 a cura del comandante della Polizia Municipale Berlingerio coadiuvato dal tenente Tanzi e dal vigile Deflorio.

Il verbale di accertamento, tra l’altro, così riporta: “Il Sig. Sindaco di questo Comune, ritenendo opportuno portare ad esecuzione l’ordinanza sindacale n. 73 del 26/6/1987, prot. N. 1350 e per essa la sentenza del TAR Puglia – Bari – Sez. I, n. 106 dell’8/3/1994, esecutiva a tutti gli effetti di legge, disponeva con nota prot. N. 7954 del 12/4/1995, apposito sopralluogo. Pertanto, in ottemperanza a quanto innanzi riportato, i sottoscritti hanno accertato, verso le ore 15,00 di oggi, che la costruzione abusiva, realizzata a ridosso del Castello Angioino, già adibita a sala cinematografica, da qualche tempo non più in esercizio, di proprietà del sig. Patano Roberto, non è stata demolita, così come ordinato con i predetti provvedimenti. Al momento del sopralluogo, l’immobile abusivo era chiuso ed il sig. Patano era assente”.

L’ex Sindaco ed ex parlamentare Ernesto Maggi

A questo punto, tenuto conto che i 90 giorni assegnati dall’ordinanza n. 73/1987 del Sindaco Padovano, pur con il calcolo della sospensione dei termini, erano abbondantemente decorsi almeno dal 20.9.1994, e alla luce del verbale di accertamento di inottemperanza redatto dal Comando della Polizia Municipale, al Sindaco Maggi – secondo quanto indicato nella lettera del Prof. Loiodice – sarebbe stato sufficiente immettere il Comune nel possesso dell’immobile, effettuare immediatamente la trascrizione nei registri immobiliari dell’area di sedime e procedere alla demolizione della costruzione abusiva a spese del Patano.

Invece, il giorno successivo, 13 aprile 1995,  il Sindaco Maggi emette un nuovo provvedimento, n. 8149, con il quale “ingiunge al sig. Patano Roberto (…) che il manufatto sia demolito a cura e spese del proprietario entro 10 gg. dalla notifica del presente atto in conformità della sentenza del TAR Puglia sede di Bari n. 1062/94 del 22 giugno 1994 esecutiva a tutti gli effetti di legge. La mancata esecuzione nei termini indicati, comporterà l’applicazione di ogni ulteriore provvedimento di cui all’art. 7 della legge 28.2.1985 n. 47.”

Questa volta, Patano non se lo fa ripetere e, una volta ricevuto l’atto, provvede, a partire dal 24 aprile 1995 a demolire il vecchio cinema in disarmo, peraltro ottemperando alle successive prescrizioni del Sindaco Maggi, del 27 aprile, sulla rimozione dell’amianto presente nella copertura dell’edificio.

Il Patano, dal suo punto di vista, mette così a segno un’ottima mossa preventiva, che, come vedremo, gli consentirà in seguito di rivendicare la proprietà dell’area di sedime.

Il Comune di Mola si intesta al Catasto l’area di sedime del cinema demolito
Nel frattempo, dopo la demolizione del cinema, trascorrono lunghi mesi senza che, tuttavia, il Comune di Mola si attivi per la trascrizione nei registri immobiliari dell’area di sedime come proprietà comunale, sulla base di quanto disposto dal citato art. 7 della legge 47/1985.

Si arriva così all’inverno del 1996 e il Sindaco Maggi si dimette dalla carica per correre alle elezioni politiche per un seggio da senatore. Le sue dimissioni portano sorpresa nella popolazione, tanto più che, proprio in quei mesi, viene alla ribalta la vicenda delle villette a mare, che finiscono sotto sequestro giudiziario a seguito di un provvedimento della Procura della Repubblica di Bari. Ma questa è un’altra storia.

Al posto di Maggi subentra Stefano Diperna, già Vice-sindaco, che assume l’incarico di Sindaco pro-tempore, in attesa che si vada alle elezioni comunali della primavera 1996. Come è noto, nella competizione, su Diperna prevarrà, al turno di ballottaggio, Vincenzo Cristino.

In ogni caso, Diperna finalmente procede ad emanare l’ordinanza sindacale n. 101 del 7 maggio 1996 con la quale dichiara l’acquisizione gratuita dell’area di sedime al patrimonio comunale, richiamando la mancata ottemperanza del Patano all’ordinanza di demolizione, del 1987, del Sindaco Padovano.

Come si è già anticipato, Roberto Patano propone immediatamente ricorso al TAR per l’annullamento dell’ordinanza Diperna del maggio 1996. La causa va per le lunghe: in data 30 aprile 2002, con deposito il 27 maggio 2002, cioè dopo ben sei anni dopo, il TAR respinge il ricorso di Patano e dà ragione al Comune.

Enzo Cristino, Sindaco dal 1996 al 2005

Tutti tirano un sospiro di sollievo: i vecchi amministratori Maggi, Diperna e Linsalata e il Sindaco Cristino che, nel 2000, è stato riconfermato alla guida del Comune con una maggioranza di centro-sinistra.

La questione sembra archiviata, anche perché, nel frattempo, il Castello è stato restaurato a più riprese e, nel 2002, il Piano Urban – che prevede tra l’altro la sistemazione dell’area di sedime in questione – è stato da poco approvato.

Tuttavia, la famiglia Patano non si arrende. Hanno la stoffa dei combattenti i Patano o forse, più venalmente, vogliono recuperare il terreno (ovvero ottenere un risarcimento o un suolo edificabile in altra zona del paese). Ed è così che Roberto Patano si appella al Consiglio di Stato nel 2003. Ancora una volta, la giustizia procede con fare molto felpato e gli anni passano.

IL CONSIGLIO DI STATO DA’ RAGIONE A PATANO E CONDANNA IL COMUNE A RESTITUIRE IL SUOLO

Si arriva al 2009 e il giudizio si avvia finalmente alla conclusione, però le avvisaglie non sono buone.

Enzo Linsalata, ex Assessore, uno dei protagonisti della vicenda processuale

L’ex Assessore Enzo Linsalata, fiutando l’aria, si preoccupa di inviare una lettera al Sindaco Nico Berlen (che, nel frattempo, nel 2005, è subentrato a Cristino). Nella missiva del 4 maggio 2009, Linsalata si vede costretto a fare una difesa d’ufficio delle ragioni giuridiche sottese all’ingiunzione del Sindaco Maggi, nonostante, a suo tempo, egli avesse contestato apertamente quel provvedimento (si veda la seconda parte del nostro Dossier – “Città Nostra” – Aprile 2015).

Inoltre, Linsalata così scriveva: “Si rileva poi che il manufatto fu abbattuto il 17 maggio 1995, come risulta da documentazione fotografica, che si allega alla presente memoria, dalla quale si evince che agli inizi di maggio 1995 l’opera abusiva non era stata del tutto demolita.”

In poche parole, a dimostrazione, Linsalata allegò alla lettera una foto (riprodotta nella seconda parte del nostro Dossier – “Città Nostra” – Aprile 2015) scattata alle mura perimetrali, ancora in piedi, del cinema, con affissa su di esse la prima pagina de “La Gazzetta del Mezzogiorno” dell’11 maggio 1995.

In sostanza, Linsalata voleva dimostrare che i dieci giorni intimati da Maggi per l’abbattimento erano abbondantemente trascorsi senza che la totale demolizione fosse avvenuta: la qual cosa avrebbe consentito, se contestata, di avvalersi della facoltà concessa dalla legge al Comune di intestarsi catastalmente l’area di sedime, senza possibilità di successiva rivendica da parte del Patano.

A onor del vero, vi è però da dire che, probabilmente, i lavori si protrassero perché – come si è già detto – il Sindaco Maggi, il 27 aprile di quell’anno, con una sua nota (n. 8960) aveva prescritto opportune cautele per la rimozione e lo smaltimento dell’amianto in fase di demolizione. E la stessa cosa aveva anche fatto la USL BA/4.

Tuttavia, Linsalata lamenterà successivamente, nelle sedi politiche, che la sua lettera, con relativa foto allegata, non fu mai prodotta nel corso del giudizio.

Quella foto avrebbe potuto cambiare le sorti del processo? Quasi sicuramente no: infatti, allo spirare dei dieci giorni prescritti per la demolizione dall’ingiunzione Maggi, il Comune non formalizzò a Patano alcun verbale di mancato adempimento.

La foto di Linsalata, quindi, rivestiva solo un carattere storico ma non probatorio.

In ogni caso, si arrivò finalmente alla conclusione della causa e, questa volta la giustizia amministrativa diede ragione a Patano, riformando la sentenza di primo grado e accogliendo il suo ricorso.

In sostanza, il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, quinta sezione, con la sentenza n. 5166 del 19 maggio 2009 (ancora sei anni di tempo…) e depositata il 3 settembre 2009, condanna il Comune di Mola a restituire al Patano l’area di sedime del demolito cinema.

La sentenza del Consiglio di Stato così riassume la questione sanzionandone l’illegittimità: “A seguito di una lunga vicenda giudiziaria, che ha visto l’intervento di due gradi di giudizio, il ricorso (di Patano sull’ordinanza di demolizione del 26 giugno 1987, ndr) veniva rigettato definitivamente. A questo punto, il Comune, invece di pretendere, come ha fatto invece dopo, l’esecuzione dell’ordine di demolizione sospeso, inviava un nuovo ordine di demolizione dell’immobile, ormai concretamente abusivo. Tale ordine veniva eseguito dall’appellante, che provvedeva alla demolizione dell’immobile abusivo. Ora, invece di considerare soddisfatto l’interesse pubblico con l’esecuzione del suddetto ordine di demolizione, l’Amministrazione comunale interveniva e, preso atto che il primo ordine di demolizione non era stato eseguito, ma era stato eseguito il secondo, provvedeva all’acquisizione al patrimonio disponibile del Comune della sola area di sedime dell’immobile medesimo.”

Nel motivare la decisione contro il Comune di Mola, per il Consiglio di Stato (CdS) non è stata seguita la corretta procedura stabilita dalla legge e che, l’avv. Loiodice, nella sua lettera dell’11 aprile 1995 inviata al Sindaco Maggi, aveva però ben riassunto.

In sostanza, i giudici del CdS evidenziano che, stabilita l’inottemperanza alla demolizione, il Comune avrebbe dovuto prima prendere possesso dell’immobile, quindi acquisire gratuitamente il bene abusivo (con la relativa area di sedime che costituisce la base superficiaria del manufatto), effettuare la trascrizione nei registri immobiliari, e, infine, procedere alla demolizione a spese del Patano.

Peraltro, il CdS censura la seconda ordinanza (quella del Sindaco Maggi): “Va rilevato che l’Amministrazione comunale, dopo la definizione della vicenda processuale riguardante l’immobile in parola, ha emanato un nuovo provvedimento che, ovviamente, si sovrappone al primo e determina chiari effetti novativi, per cui l’ottemperanza, intervenuta prima della contestazione dell’inerzia, dà luogo all’esecuzione del provvedimento, senza la possibilità di procedere all’acquisizione dell’immobile (che non c’è più) né dell’area di sedime, che è colpita dall’esecuzione solo in funzione dell’acquisizione dell’immobile non demolito.”

In definitiva, secondo il Consiglio di Stato non vi erano i presupposti per l’acquisizione a titolo gratuito dell’area di sedime, avendo il Patano già eseguito la successiva ordinanza sindacale n. 8149 (Maggi) notificata il 14 aprile 1995, novativa della precedente del 1987, demolendo a proprie spese il manufatto. In poche parole, l’acquisizione al patrimonio comunale, avvenuta con l’ordinanza n. 101 del 7 maggio 1996 (Sindaco Diperna), non poteva comunque essere adottata poiché l’immobile abusivo era già stato demolito.

Il Comune cerca di correre ai ripari, ma senza esito

Insomma, dopo la sentenza del Consiglio di Stato scende una cappa di gelo sui vecchi e sui nuovi amministratori.

Nico Berlen, Sindaco dal 2005 al 2010

Il 28 settembre 2009, in una sua lettera al Sindaco pro-tempore Nico Berlen (eletto nel 2005), il Prof. Loiodice, legale del Comune nella causa, dà conto del negativo esito giudiziario e propone un ricorso per revocazione della sentenza del Consiglio di Stato, a causa di un lamentato “errore di fatto”.

Peraltro, il prof. Loiodice così scrive: “La sentenza fa emergere un rischio di responsabilità per danno erariale che può imputarsi ai soggetti che hanno adottato la seconda ordinanza di demolizione. In riferimento a tale prospettiva, occorre, evidentemente, effettuare un atto di intimazione nei confronti di tali soggetti allo scopo di interrompere la prescrizione e per evitare responsabilità in capo agli attuali amministratori e dirigenti.”

La Giunta Berlen cerca di correre ai ripari e, quindi, emana una delibera (n. 2 del 12 gennaio 2010), con la quale decide di affidare un ulteriore incarico al Prof. Loiodice per la proposizione di ricorso per revocazione.

Tuttavia, il Consiglio di Stato, con la sentenza del 29 marzo 2011, pubblicata il 13 maggio 2011, dichiara inammissibile il ricorso per revocazione alla luce delle comuni nozioni di diritto generale.

Anzi, fa di più: nel rigettare la domanda, ancora una volta i giudici ripercorrono la vicenda della doppia ordinanza.

E ribadiscono che “il Comune, all’esito del contenzioso, anziché pretendere l’esecuzione della prima ordinanza, aveva preferito emettere un nuovo ordine di demolizione dell’immobile abusivo, di contenuto novativo. Di qui la constatazione che il Patano aveva eseguito l’ordine di demolizione rinnovato, per volontà del Comune, nel 1995 e che, pertanto, una volta demolito l’immobile, l’acquisizione a titolo gratuito dell’area di sedime sarebbe stata priva di causa, non potendosi atteggiare come sanzione impropria. Una volta esclusa l’inottemperanza all’ordine di demolizione, neanche si sarebbero realizzati i presupposti previsti dall’art. 7 L. n. 47/85 per l’acquisizione a titolo gratuito dell’area.”

Insomma, una totale dèbacle giudiziaria e un’ulteriore doccia fredda per gli amministratori che, nel frattempo, sono cambiati nuovamente. Infatti, con le elezioni del 2010, è tornato al potere Stefano Diperna, il nuovo Sindaco che ha sconfitto Berlen nelle urne.

L’EX SINDACO MAGGI MESSO IN MORA DAL COMUNE PER DANNO ERARIALE

Come abbiamo visto, il prof. Loiodice nella sua lettera al Sindaco Berlen del 28 settembre 2009, aveva paventato il danno erariale a carico dei precedenti amministratori.

Stefano Diperna, Sindaco dal 2010 al 2015

Dopo l’esito giudiziario assolutamente negativo per il Comune, l’allerta di Loiodice viene presa sul serio dal Segretario generale avv. Donato Susca che invia una lettera all’ormai ex parlamentare Ernesto Maggi e, per conoscenza, al nuovo Sindaco Diperna.

Il segretario generale, in data 13 settembre 2009, tra l’altro, così scrive: “Considerato che la sentenza del C.d.S. n. 5166/2009 ritiene la seconda ordinanza di demolizione n. 8149 del 14.04.1995 come novativa, e , quindi, tale da avere riaperto i termini per la demolizione, con la conseguenza che è risultata illegittima l’ordinanza n. 101 del 07.05.1996 (ordinanza Diperna, ndr) di acquisizione al patrimonio comunale dell’area di sedime suddetta. Considerato che l’annullamento della suddetta ordinanza determinando l’inefficacia retroattiva dell’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’immobile in questione, produce in capo all’Amministrazione comunale la responsabilità sia per l’acquisizione dell’area, sia per l’utilizzo che ne è stato fatto successivamente alla data di acquisizione, con la conseguenza che la stessa potrebbe essere obbligata a risarcire i danni alla parte privata. Ritenuto che, in presenza della suddetta ipotesi di risarcimento dei danni, occorra sin d’ora individuare i responsabili del danno erariale verificatosi al fine di ottemperare alla normativa sulla responsabilità amministrativa dinanzi alla Corte dei conti.
Considerato che il soggetto che ha adottato la seconda ordinanza di demolizione n. 8149 del 14.04.1995, con effetti novativi, e, quindi, tale da avere riaperto i termini per la demolizione, risulta essere l’ing. Maggi Ernesto (…), Sindaco pro-tempore all’epoca dei fatti.Tutto ciò premesso, in conseguenza del probabile danno erariale, con la presente nota si costituisce in mora, ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 1219 e 2934 del codice civile, l’ing. Maggi Ernesto (…), presunto responsabile per avere riaperto i termini per la demolizione, con la conseguenza che è risultata illegittima l’ordinanza n. 101 del 07.05.1996 di acquisizione al patrimonio comunale dell’area di sedime suddetta”.

Una successiva lettera, pochi giorni dopo, sarà inviata, sempre dal segretario comunale avv. Susca, direttamente alla Procura Regionale della Corte dei Conti, nella quale, riassumendo l’intera vicenda giudiziaria, si informa l’organo statale della costituzione in mora del Comune di Mola nei confronti dell’ex Sindaco Ernesto Maggi per l’eventuale danno erariale.

Nel prossimo articolo, pubblicheremo l’ultima parte del nostro Dossier.

Tratteremo del ricorso giudiziale di Patano del 2011, con la richiesta di un cospicuo risarcimento danni al Comune di Mola, oltre alla reiterata domanda di riottenere l’area di sedime dell’ex cinema demolito.

Come pure ci occuperemo della risposta in giudizio del nostro Comune, con la rivendicazione della demanialità di quel suolo a seguito di approfondite ricerche storiche.

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