Redazionale

E’ importante ricordare le tragedie del passato per leggere sotto un’altra luce le ansie e le minacce che attanagliano il nostro tempo.

Partendo da una dimensione locale a noi familiare, quella della Regione d’origine, per proiettare il nostro sguardo su un Continente che sembra aver sepolto per sempre la tendenza suicida che ha alimentato due conflitti mondiali.

Per sostituirla con un obiettivo, non sempre facile da perseguire, di coesistenza e collaborazione.

Manifestazioni si sono svolte in molte città e paesi. A Mola l’iniziativa di celebrare degnamente il centenario della fine della prima guerra mondiale è stata adottata dall’Associazione Combattenti e Reduci, presieduta dal cav. Guglielmi, In piazza XX Settembre si è svolta la cerimonia dell’alzabandiera. Sono state deposte corone

Il Sindaco depone la corona al monumento dei Caduti

d’alloro al monumento ai Caduti (fontana monumentale) ed alle lapidi che ricordano i molesi deceduti in guerra. Il corteo ha percorso le vie principali e si è concluso al Cimitero con la S. Messa in suffragio di quanti hanno dato la vita per la Patria. Alla manifestazione hanno partecipato il Sindaco Giuseppe Colonna con alcuni assessori e consiflieri, e le associazioni combattentistiche e d’arma, oltre a tanti cittadini.

In serata, poi, nella Chiesa Matrice l’Accademia del Canto, diretta dal Maestro Nicola Diomede, ha eseguito mirabilmente un concerto di “Canti Patriottici”: degna conclusione di queste celebrazioni.

Il 24 maggio 1915 l’Italia entra in guerra, rompendo l’alleanza con l’Austria e schierandosi a fianco della Triplice Intesa.

La Grande Guerra coinvolge milioni di combattenti. Diventano protagonisti armamenti nuovi e distruttivi: i carri armati, i lanciafiamme, i gas asfissianti. Vengono usati per la prima volta gli aerei per bombardare le trincee nemiche e, in mare, si usano i sommergibili.

Nel 1917 la guerra, che sembrava all’inizio dovesse concludersi in breve tempo, ancora impazza. Essa fiacca le energie di civili e militari, ridotte sempre più allo stremo. Nelle città cominciano a mancare i generi alimentari di prima necessità, mentre nelle trincee i soldati, sempre più disperati, disertano o sabotano gli ordini superiori.. Tra le fila dei soldati italiani, numerose furono le diserzioni, soprattutto tra i contadini reclutati nel sud, che spesso non capivano nemmeno la lingua dei superiori, a testimonianza di un’unità d’Italia ancora fragile.

Il 1917 è anche l’anno della catastrofica e ancora discussa sconfitta italiana di Caporetto. Una autentica e tragica disfatta (400mila tra morti, feriti e prigionieri e armi e materiali caduti in mani austriache) imputata dagli storici agli errori tattici e strategici del generale Luigi Cadorna. Impassibile, Cadorna addossa, al contrario, alla vigliaccheria dei soldati italiani la responsabilità della sconfitta. Egli viene sostituito, su pressione dei governi alleati, con il generale Armando Diaz. Il nuovo comandante, avvalendosi anche dell’apporto delle nuove leve, i “ragazzi del “99”, riesce non solo a riorganizzare l’esercito, ma a fermare i nemici sull’altopiano di Asiago, sul fiume Piave e sul monte Grappa.

Il 1918 è l’anno dell’epilogo. Nell’estate del 1918 sul fronte occidentale sono schierati oltre un milione di soldati statunitensi. La superiorità alleata in fatto di uomini e mezzi è ormai schiacciante. Fra l’8 e l’11 agosto del 1918 i tedeschi subiscono una pesante sconfitta ad Amiens. Ai primi di settembre le forze franco-inglesi organizzano una controffensiva generale, con dispiegamento di aeroplani e carri armati. Questa azione costringe i tedeschi a ritirarsi dai territori francesi occupati e da gran parte del Belgio.

Corona in mare

Nei Balcani truppe franco-serbe penetrano in Macedonia costringendo alla resa la Bulgaria (29 settembre 1918). Poco dopo crolla la Turchia, che chiede l’armistizio in ottobre. In quello stesso mese si assiste al collasso dell’Austria-Ungheria. Cecoslovacchi e slavi del sud danno vita a stati indipendenti, mentre nel frattempo gli italiani lanciano un’ offensiva (battaglia di Vittorio Veneto) che accelera la dissoluzione dell’esercito austro-ungarico, con la defezione di reparti cechi e ungheresi. Il 3 novembre, quando gli Italiani entrano a Trento e a Trieste, viene firmato l’armistizio.

La prima guerra mondiale fu una delle più sanguinose della storia. Morirono circa 10 milioni di persone e 20 milioni furono i feriti e gli invalidi. Fortunatamente la popolazione civile venne in gran parte risparmiata. Anche i vincitori europei (Francia e Inghilterra) uscirono stremati dalla guerra, sia dal punto di vista politico che economico. Gli Stati Uniti si affermarono invece come la prima potenza industriale e militare del mondo.

Nel gennaio del 1919 si tenne a Parigi la conferenza di pace, cui partecipano soltanto i rappresentanti dei paesi vincitori. Per l’Italia, il capo del governo,Vittorio Emanuele Orlando.

Dalla conferenza di pace l’Italia, paese vincitore, ottiene il Trentino, l’Alto Adige, la Venezia Giulia, Trieste e l’Istria, mentre Fiume e la Dalmazia vengono assegnati al nascente regno jugoslavo.

Santa Messa al Cimitero

Nel settembre 1919, un gruppo di nazionalisti italiani armati, capeggiati dallo scrittore Gabriele D’Annunzio organizzarono l’occupazione militare di Fiume, che venne ufficialmente annessa all’Italia nel 1924, mentre la Dalmazia rimase alla Jugoslavia, causando il rientro in Italia di 50mila profughi.

L’Europa che esce dalla prima guerra mondiale è un continente geopoliticamente sconvolto: tre dinastie plurisecolari come quella degli Asburgo, degli Hohenzollern, e dei Romanov scompaiono dalla scena politica europea. In seguito alla formazione di Cecoslovacchia e Jugoslavia, alla rinascita della Polonia, e all’indipendenza dell’Ungheria, l’Austria si riduce ad un paese di piccole dimensioni. Occorre ricordare, altresì, come dalla guerra tragga le origini la rivoluzione bolscevica del 1917, che portò alla nascita del primo stato socialista del mondo.

Il dopoguerra si annuncia difficile, contraddistinto dalla crisi economica e da una forte destabilizzazione politica e sociale che riguarda non solo i paesi vinti (come la Germania), ma anche quelli vincitori (come, ad esempio, l’Italia dove si afferma, nel 1922, il movimento fascista di Mussolini). La guerra, inoltre, accelera il processo di formazione di movimenti indipendentisti nei paesi colonizzati: nel corso del conflitto i rapporti con la “madrepatria” si indeboliscono e alcuni paesi sperimentano forme di autogoverno; la propaganda delle potenze nemiche fomenta il nazionalismo dei popoli soggetti (come nel caso degli arabi, utilizzati dagli Inglesi in funzione antiturca); molti cittadini extraeuropei partecipano sotto le insegne delle potenze coloniali alla guerra sviluppando una maggiore coscienza di sé; la Russia comunista diventa un modello di riferimento per i movimenti di liberazione dei paesi colonizzati.

(Il servizio fotografico è di Sabino Guardavaccaro)

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