Riceviamo e pubblichiamo una mail del sig. Antonio P.

Come cittadino e come cattolico sento il dovere di segnalare un’incongruenza da me registrata domenica scorsa nel corso della celebrazione della Santa Messa, al termine della quale il celebrante, che non era il parroco Don Franco Fanizza, ha rivolto agli astanti un invito a non sciupare il proprio danaro per sostenere la festa in onore della nostra Patrona, ma devolverlo ai poveri ed a quanti vivono nell’indigenza. Sono rimasto alquanto stupito da tali affermazioni, ove si consideri che nelle domeniche precedenti la stessa Parrocchia ha ospitato il presidente del Comitato organizzatore che ha rivolto un caloroso appello a contribuire per l’organizzazione della festa; appello per altro fatto proprio dal Parroco in altre occasioni.

A fronte di ciò mi sono posto alcuni interrogativi: nella chiesa molese i preti vanno a ruota libera? Non c’è un coordinamento in modo da avere un pensiero unico per evitare di creare dubbi e perplessità nei fedeli?

Personalmente ritengo che i parrocchiani, nonché cittadini molesi, debbano essere liberi di scegliere come utilizzare o investire i propri soldi. E’ giusto sostenere le opere di carità sensibilizzando opportunamente i fedeli, ma tutto ciò non può essere messo in contrapposizione con l’essere concretamente attivi anche nel sostegno ad un evento che è nella storia di Mola, tramandato da generazione in generazione.

Sono convinto che sia un grave errore, economico e culturale, pensare alla festa come al tempo libero: questa è la lettura tipica degli economisti, ma non la più vera. Ci sono persone per le quali festa significa solo più tempo per stare a casa o per riposarsi; ma per la maggior parte della gente la festa è anche il momento per investire in capitali relazionali, simbolici, spirituali, civili, per donare e ricevere tempo nelle comunità e nella famiglia: tutto questo è molto più del tempo libero, è molto più dell’equivalente monetario di un giorno di lavoro.

Il tempo investito nelle feste ha un effetto moltiplicativo e alimenta anche il tempo del lavoro. La grande cultura monastica, ad esempio, sapeva molto bene che senza festa (liturgia) il lavoro non funzionava, perché è nella liturgia e nella festa dove si riattivano e rigenerano le forze e i tessuti del corpo sociale e aziendale. Ogni cultura è stata creata ed è ancora ricreata (dove non è morta) anche dalle feste religiose, e oggi la nostra cultura lavorativa soffre una grave indigenza di liturgie e quindi di capacità di creare legami forti e profondi.

E’ evidente che il prete in questione non conosce l’affetto e l’amore dei molesi per questa grande festa popolare e religiosa, una delle poche che ancora si tramanda, grazie all’impegno ed ai sacrifici di chi ogni anno si accolla l’onere della complessa organizzazione. E siccome è festa di tutti, è giusto che ognuno di noi senta il dovere di contribuire, secondo le proprie possibilità.

Ringrazio Città Nostra per l’ospitalità.

Antonio P.

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