di Giangrazio Di Rutigliano

Il tema all’odg del consiglio comunale, che non è un’aula di tribunale, non era demolire o non demolire gli immobili, ma si discuteva di procedure da seguire a seguito di una sentenza definitiva (così come anche sostenuto nei pareri pro veritate redatti dall’Avv. Profeta).

Va ribadito, anche in questa sede, che si tratta di un problema doloroso e mortificante: una ferita ancora aperta per tutta la comunità. Fatta dunque questa breve ma doverosa premessa, quello che abbiamo cercato di argomentare e chiedere, senza peraltro aver avuto alcuna risposta in merito, riguardava solo la procedura adottata. Infatti è vero che siamo di fronte ad una sentenza passata in giudicato, come ribadito nelle relazioni dell’avvocato Profeta, che per inciso avremmo voluto presente in consiglio per chiedere alcuni chiarimenti, e in aula da altri consiglieri.

È anche vero che la procedura da seguire doveva, a nostro avviso, seguire l’iter del  D.P.R. 6 giugno 2001, n.380 Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia  «ed in particolare l’art 31 che al comma 5 prevede:  L’opera acquisita è demolita con ordinanza del responsabile del competente ufficio comunale a spese dei responsabili dell’abuso, salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l’esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l’opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico».

Nelle maglie di questa intricata situazione, tra cause anche risarcitorie milionarie ancora pendenti, si rischia facilmente di commettere errori con conseguenze catastrofiche per tutti i cittadini.

Lo spirito con cui ci siamo approcciati a questa dolorosa vicenda è stato quello di voler evitare ulteriori danni alle parti e ai cittadini, in nome e per conto dei quali la città è amministrata.

 

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