di Donatello Biancofiore

Manfredonia ribaltata con super Preite negli ultimi 4 secondi.

Il cuore in subbuglio. Per una volta saltiamo a piedi pari la cronaca di una sfida dall’ assoluto equilibrio e partiamo dall’epilogo.

Mola Manfredonia è tutta lì, in quegli ultimi 40 secondi. La linea di demarcazione tra l’Inferno e il Paradiso. Quarto decisivo: arriviamo da un momento nero come la pece perché dopo il sorpasso di un sempre lucido capitan Preite è stato black out.

Difesa assente mentre Alvisi da sotto pareggia, poi palla regalata in ripartenza a Malpede che va a schiacciare e ad Obiekwe a seminare scompiglio in area bianco blu, con due lunette conquistate e solo una trasformata, per nostra fortuna.

Rabbia e sconforto. Pessimismo e fastidio.

 

Eravamo avanti di due, ora siam sotto di tre. Scorrono davanti agli occhi tanti finali che ci han visto arrenderci, tanti finali in cui la mano è diventata tremante senza la testa a guidarla. Finali a guardare l’avversario esplodere di gioia. Il flashback stavolta però dura un attimo, poi svanisce. E’ il segnale che qualcosa è cambiato. La scintilla si è accesa. E forse è merito anche di quella grande vittoria di soli sette giorni fa. Il capolavoro di Lecce, quelle vittorie che ti regalano oltre ai due punti uno zainetto pieno di autostima, che ti allarga le spalle. Possesso: Pacifico vede Mirone in mezzo all’area e lo serve. Malpede lo ostacola irregolarmente. Fischio. Due lunette.

E’ freddo Gabriele, e la mano salda. Due su due. Palla a Manfredonia, Mola difende col coltello tra i denti, Pacifico ferma subito il cronometro e spende fallo su Gramazio. Il play dauno è al 50%: primo dentro, secondo sul ferro. Mirone calamita il quindicesimo rimbalzo di serata e si riparte, 84-86, con 22 secondi da giocare. E’ l’ultimo possesso molese, quello da cui dipendono 40 minuti di partita. Koopman dall’angolo prende la mira e chiude gli occhi: più in là, il pubblico del Pala Pinto si e’ alzato in piedi ed ha accompagnato affidando le sue speranze alla traiettoria.

Silenzio interminabile mentre la palla scende, poi l’urlo resta rinchiuso in gola mentre il ferro restituisce alla gara il cuoio a spicchi. Finita? Niente Affatto. Perché il rimbalzo è di un immenso Preite. Il rimbalzo che vale più di tutti i canestri messi in fila finora dal capitano. Malpede prova a fermarlo con le buone e con le cattive. Niente da fare.

Elio vince la sportellata e appoggia in volo a canestro mentre subisce fallo dal 9 ospite. Tutti in piedi sugli spalti e bordo campo, tranne lui, il capitano, che da terra esulta con i pugni uniti. I compagni lo sommergono, lui si alza, si sistema sulla linea della carità e fiero come una sfinge imbuca la palla del sorpasso mentre il Pala Pinto ribolle. 4 secondi alla sirena, time out di coach De Florio. Si riparte, taglio di Gramazio che slalomeggia nel pitturato, assist indietro e palla tra le mani di Alvisi che si alza per l’ultimo tiro della sfida. La mano non è salda, la mira non è quella giusta e così arriva il gong della sirena mentre tutto il mondo MNB si colora di gioia. 87-86, dicono i tabelloni. Abbiamo vinto. Eravamo sulla soglia dell’inferno, adesso dal centro del parquet possiamo scorgere il Paradiso.

Seconda vittoria di fila per una squadra che lungi dal disputare la gara perfetta, si era anzi più volte durante la gara concessa dei passaggi a vuoto e delle amnesie, tanto larghe da far rientrare a più riprese in gara la squadra ospite. Una Angel Manfredonia presa per mano nei primi due quarti dal talento spagnolo Obiekwe (26) che dopo solo 7 secondi dalla contesa aveva schiacciato in faccia alla difesa molese, e nella seconda parte dalla coppia Kraljiic-Gramazio, una Angel che era riemersa dopo essere stata affondata 6 volte dalle bombe del postino De Angelis.

Ma quello che davvero conta stasera al di là degli errori è aver visto una squadra monumentale nel momento cruciale, quando era con un piede e mezzo sull’orlo del precipizio, senza il suo miglior realizzatore, un nervoso Kordis, nella sua giornata meno felice dall’inizio della stagione e dopo aver con le proprie mani steso un tappeto a Manfredonia nell’ultimo minuto di gara. Una gara che ci ha riconsegnato però anche 6 uomini in doppia cifra, la calamita Mirone, re delle plance, un De Angelis caldo come una stufa dai 6,75 (6 su 8, 75%), un Pacifico senza timori a tagliare a fette la difesa ospite in momenti in cui era più semplice perdere la bussola, insomma positività superiori alle criticità, che confermano la bontà del lavoro effettuato in settimana nonostante i tanti acciacchi.

Ci godiamo questo finale dalla pressione impennata, mettiamo fieno in cascina con questi altri due punti e acquisiamo una nuova colata di fiducia come cemento, a riempire le buche, quelle che ci fanno inciampare, durante il cammino, spesso, ma non ci fanno mai smettere di correre verso il canestro.

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Donatello Biancofiore

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