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Bruna Bovino

Bruna Bovino

Sono state depositate le motivazioni (il testo della sentenza) per le quali la Cassazione ha annullato la sentenza della Corte di Assise di Bari, che aveva assolto Antonio Colomonico dall’accusa dell’omicidio dell’ex amante Bruna Bovino, 29enne italo-brasiliana uccisa il 12 dicembre 2013 nel centro estetico che gestiva a Mola di Bari, in via Vitulli.

Il corpo della Bovino fu trovato semicarbonizzato sul pavimento del centro estetico, fra brandelli di indumenti e sangue, dopo essere stata uccisa con 20 colpi di forbici e strangolata. La Corte di Assise di Bari, in primo grado, condanno Colamonico a 25 anni di reclusione per l’omicidio dell’estetista; mentre la Corte di Assise di Appello, a novembre 2018, ribaltò la sentenza di primo grado ed assolse l’imputato.

Ora la Cassazione ha annullato l’assoluzione, disponendo che sia un nuovo processo dinanzi alla Corte di Assise di Appello di Bari a valutare la colpevolezza del Colamonico.

Secondo la Cassazione, nella sentenza di appello sarebbero stati tralasciati «indizi fondamentali». L’orario della

Antonio Colamonico

morte, la presenza di tracce di dna sul corpo della vittima riconducibili unicamente all’ex amante, Antonio Colamonico, le lesioni da ustioni sulle mani dell’uomo: sono gli elementi sui quali si concentra il ragionamento della Corte di Cassazione nelle motivazioni della sentenza con cui il 10 gennaio ha annullato con rinvio l’assoluzione di Colamonico.

Per i giudici della Cassazione indizi come «l’ora presuntiva di morte e il tempo di propagazione dell’incendio» sarebbero stati «forzatamente interpretati all’unico scopo di validare l’insostenibile premessa che Bovino fosse ancora viva alle 18.20 del 12 dicembre 2013». Proprio «su questo presupposto – ricostruiscono i giudici – si regge fondamentalmente la pronuncia assolutoria, essendo l’imputato dotato, in relazione a tale orario, di un solido alibi».

Per la Cassazione, però, si tratta «di presupposto totalmente privo di credibilità razionale, nel quadro degli accadimenti susseguitisi in quel tragico pomeriggio».

La donna, cioè, sarebbe stata uccisa ben prima di quell’ora, perché «almeno a partire dalle 18.12 il centro estetico di Bovino era stato individuato come il luogo da cui proveniva l’odore di bruciato» e non sarebbe possibile ritenere «che in pochi minuti possa esservi stato il tempo, per chiunque, di introdursi nel centro, aggredire e uccidere Bovino secondo le articolate modalità poi riscontrate, e infine dileguarsi, risistemato nell’aspetto, dopo aver cosparso il locale di liquido infiammabile e aver avviato il fuoco».

Ora la parola ritorna alla Corte di Assise di Appello di Bari, composta da altri giudici rispetto a quelli che hanno emesso la sentenza assolutoria annullata, a dovere decidere se Antonio Colamonico ha ucciso Bruna Bovino, tenendo conto delle indicazioni date dalla Cassazione.

(Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno)

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