di Vito Didonna

Titolo del documento del panegirico del 1747

*Un elaborato che descrive i dolori dell’Addolorata nella passione di Cristo con enfasi drammatica e anche commovente che ripete per ben tredici volte la parola “spasimo” mettendolo in relazione con la presenza della statua della Madonna dello Spasimo all’interno della chiesa della Purificazione.

Nell’aprile del 1521 Carlo V d’Asburgo convocò Lutero alla Dieta di Worms per verificare la possibilità di una rinuncia da parte del monaco protestante alle tesi riformistiche. Il 18 aprile Lutero però non si presentò all’incontro con l’imperatore facendo capire che rifiutava la proposta mediatrice: si apriva in questo modo una profonda crisi nell’occidente cristiano che avrebbe portato alla divisione dell’Europa in due blocchi.

Aderirono alla riforma protestante tutti i paesi del nord Europa compresa buona parte della Germania e dell’Inghilterra, mentre gli stati italiani e il Regno di Napoli, la Francia, la Spagna e il Portogallo confermarono la loro fedeltà al Papa e al cattolicesimo romano.

Madonna dello Spasimo – Venerdì santo

Per arginare la diffusione del protestantesimo, il papa Paolo III convocò nel 1545 a Trento un concilio aprendo in questo modo la Controriforma cattolica. Il concilio di Trento riaffermò il culto dei santi e della Madonna, l’uso delle indulgenze per la salvezza dell’anima, l’obbedienza alla chiesa e al pontefice. Riformò la vita del clero istituendo i seminari, confermò il celibato e obbligò i vescovi alla residenza nella propria diocesi. Si decise dal 1563 di dotare le parrocchie dei registri parrocchiali per segnare battesimi, nozze e decessi. Furono istituiti nuovi ordini religiosi tra cui si segnalarono i Cappuccini per la predicazione popolare e i Gesuiti per l’opera missionaria.

Nacquero nuove confraternite e per combattere l’usura e poter controllare le sementi vennero fondati i Monti di Pietà e del Grano.

Mola come visse questo periodo così difficile?

La città alla fine del 500’ contava circa 6000 abitanti e iniziava l’urbanizzazione al di fuori della cinta muraria medievale: il territorio urbanizzato era compreso tra le chiese della Maddalena, di San Domenico, di Loreto e di Santa Maria del Passo. Ben 11 confraternite furono istituite e tenendo conto di una media di 30 iscritti, si può affermare che quasi 400 molesi partecipavano assiduamente alle pratiche devozionali delle congreghe ma anche ad attività sociali e alla gestione delle sepolture negli ipogei collocati nei sotterranei delle chiese.

A questo si aggiunge la presenza di un numeroso clero, 120 sacerdoti circa e la presenza delle suore Clarisse e dei monaci Domenicani.

La chiesa molese, in modo particolare il Capitolo di S. Nicola e il convento di San Domenico, gestiva un enorme patrimonio edilizio e rurale grazie a donazioni testamentarie per la salvezza dell’anima: 800 ettari di terre coltivate a grano, olive, carrubbe e mandorle.

L’amministrazione della città, infeudata dal conte Michele Vaaz nel 1612 per 22 mila ducati, viveva un momento sicuramente positivo grazie al traffico marittimo gestito con i trabaccoli che esportavano olio e grano nei mercati della Dalmazia, di Trieste e Venezia: negli ipogei erano stati ricavati 40 frantoi. Tuttavia non mancavano problematiche conflittuali nel corpo sociale dovute soprattutto al carico fiscale e alla volontà di rendersi indipendenti dal feudatario: un ruolo decisivo ebbe l’arciprete Angelo Antonio Zuccarino, eroico difensore dell’autonomia molese. E fu lo stesso Zuccarino a benedire nel 1630 la nuova chiesa della Maddalena costruita in un orto appartenente al Capitolo della Matrice su una preesistente cappella dedicata a Maria Maddalena. La chiesa divenne il punto di riferimento del nuovo quartiere che sorgeva sulla piazza XX settembre, frequentata dalle famiglie benestanti (Martinelli, Vaaz, Spinelli, Vitulli) che avevano collocato sotto gli altari padronali le cripte mortuarie.

Nel 1725 la Confraternita dell’Addolorata, da poco istituita, chiese l’uso della chiesa e la cessione definitiva avvenne nel 1744.

Il panegirico ritrovato nel 2013

A conclusione di un intenso lavoro di restauro nel 1747 e in occasione dei festeggiamenti in onore dell’Addolorata, la Confraternita e l’arciprete don Sante Noya invitarono un predicatore, di cui ad oggi non si conosce il nome, che declamò davanti ai devoti e confratelli il Panegirico e una bozza manoscritta di questo, in otto fogli, è stata ritrovata in una libreria antiquaria di Trieste dal sig. Filippo Affatati.

Il prezioso ed unico documento mi fu affidato per una trascrizione ed interpretazione nel 2013 e dopo aver superato diverse problematiche dovute alle integrazioni scritte a lato, alle abbreviazioni tipiche dei manoscritti dell’epoca e alla costruzione sintattica latina, seppure scritto in italiano, alla fine leggendo e rileggendo mi sono reso conto di avere tra le mani un elaborato che descriveva i dolori dell’Addolorata nella passione di Cristo con enfasi drammatica e anche commovente.

Il panegirico a mio parere è stato composto e declamato da un sacerdote che si ispirava alla teatralità delle composizioni religiose del predicatore francese Bossuet e rivela una preparazione teologica che si ispira a Sant’Agostino e soprattutto a San Bonaventura. È diviso in tre parti: nella terza parte vi sono riferimenti molto chiari ai lavori di restauro della Maddalena, alle generose elargizioni dei privati per la chiesa «…sincera vittoriosa testimonianza di Lei ne rende questo sacro tempio, che in pochi anni dalle sue rovine, mercé le piene oblazioni vostre bellamente risurto colla magnificenza delle auguste pareti e colla vaga struttura dei venerandi altari…».

La lettura attenta del panegirico che più volte confesso mi ha portato alla commozione, mi ha fatto riflettere su un termine che viene ripetuto per ben tredici volte nel testo: “SPASIMO”. E come se non bastasse il predicatore nella parte centrale del panegirico affronta il tema della differenza tra spasimo e dolore dell’Addolorata «Quel grandissimo divario appunto dir qui voglio, Uditori, che passa tra uno spasimo che si avvanza sol solo a trafiggere l’anima, ed un dolore che, nascendo dalle pene del corpo, per l’ascosa legge d’unione all’anima pur anche si comunica e giugne… oltre a che laddove il dolore, che nell’anima deriva dal corpo, perché questo molti tormenti nel tempo stesso soffrire non puote, a giusto pensare, da angusti limiti è finito e circoscritto, lo spasimo all’incontro, che affligge la sola anima, come quella, che è il passato, è il futuro, è il presente in un baleno guarda, misura, comprende, né termini, né confini nella sua estensione vanta e riconosce». In poche parole lo spasimo ha una durata illimitata perché colpisce il profondo dell’anima di ogni essere e dell’Addolorata in questo caso, rispetto al dolore che invece è circoscritto ad una parte del corpo.

Madonna dello Spasimo nella chiesa della Purificazione; XVIII sec., opera dei Brudaglio di Andria

La presenza ripetitiva del termine spasimo e la particolare spiegazione mi ha portato più volte a pensare che non fosse casuale tutto ciò e delle ricerche mi hanno convinto della intenzionalità della insistenza del predicatore sulla parola. Infatti scopro che il culto dello “spasimo” si diffuse nell’occidente cristiano in seguito a un viaggio in Terrasanta del frate Noè Bianco nel 1527. Il sacerdote nel suo diario racconta che salendo il Golgota si sia trovato difronte ad una chiesa che venerava la Madonna dello Spasimo in abito bianco con il pugnale, abito bianco perché in oriente il bianco è il simbolo del lutto. La chiesa conservava la pietra dello “spasimo”, così chiamata perché la tradizione voleva che proprio su quel masso la Madonna abbracciando Cristo sanguinante e dolorante, avesse lasciato le tracce dei gomiti e delle ginocchia sulla pietra.

Il culto della Madonna dello Spasimo si diffuse nel Regno di Napoli in particolar modo e a Mola, nella chiesa della Purificazione in piazza dei Mille, è conservata la preziosa statua della Madonna dello Spasimo in abito bianco e documenti d’archivio testimoniano la presenza della Confraternita dello Spasimo nella chiesa, confluita successivamente nella Confraternita del Purgatorio.

Il Panegirico del 1747 dell’Addolorata quindi non solo ci fa rivivere le tensioni della Passione di Cristo, ma anche la storia di una città in espansione con una chiesa da poco costruita, la Maddalena, e l’esistenza del culto dello “spasimo” nella chiesa della Purificazione che nel corso degli anni è stato progressivamente sostituito dall’Addolorata.

*articolo pubblicato sul mensile Città Nostra di maggio 2019

 

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