Ad ogni approssimarsi delle tornate elettorali, ecco che torna alla ribalta della cronaca politica la “storiella” di Mola sito nucleare, ricavata da uno studio, vecchio di 12 anni, volutamente riposto in uno scaffale polveroso di qualche ministero. No al nucleare, a prescindere: è una posizione iraggionevole che in Italia ha prodotto solo danni economici per gli enormi costi dell’energia elettrica che importiamo dalla Francia, che ha piazzato le sue centrali sui margini del confine comune, come la Svizzera, la Germania e la Slovenia.
Si ripete ossessivamente la medesima storia dei siti di smaltimento dei rifiuti: nessuno li vuole sul proprio territorio, però tutti produciamo giornalmente montagne di rifiuti, che da qualche parte devono pure essere smaltiti.
Ma chi ha redatto quello studio forse nemmeno sapeva che il terriorio molese è molto limitato, che è diffusamente abitato, che nel raggio di una decina di chilometri esistono ben 7 comuni con una popolazione complessiva di circa 150.000 abitanti e che a meno di 20 Km. c’è una città (Bari), capoluogo di Regione. Sono caratteristiche che automaticamente escludono Mola da ogni e qualsiasi possibilità di insediamento nucleare. Basta leggersi (che guaio la cattiva abitudine di NON LEGGERE!) un qualsiasi studio di fattibilità sul nucleare pubblicati in questi anni, volutamente ignorati da chi ha interesse politico a mantenere alta la tensione. Ben vengano le produzioni di energie alternative, ma non potranno mai soddisfare i consumi degli italiani e noi pugliesi, che pure produciamo un surplus rispetto alle nostre necessità, non facciamo parte di uno stato indipendente, ma della Repubblica Italiana.
In un mio post scrissi:
“Sulla scelta degli ipotetici siti per la costruzioni di impianti nucleari, il Governo deve ancora esprimersi e fare le necessarie valutazioni, che vanno dall’approvvigionamento dell’acqua alla sismicità dei suoli. Ad oggi, comunque, i siti che mantengono la licenza per la costruzioni di impianti nucleari sono quelli di Borgo Sabotino, Garigliano, Caorso e Trino Vercellese. Da studi fatti a metà anni ottanta, inoltre, risultano idonei, ma mai ufficializzati, anche Nardò, Avetrana, Montaldo di Castro e San Benedetto Po-Viadana”.
Mola di Bari è stata una bufala lanciata da ambienti di sinistra, che per guadagnare voti hanno dislocato, in piana campagna elettorale, una quindicina di siti sull’intero suolo nazionale.
Inoltre, una centrale nucleare deve essere posta in un punto distante 15 km dal centro abitato….non c’è alcuna zona di Mola che possa permettere ciò.
Mi domando cosa ci facciano gli amministratori di enti che hanno attivato 0mq di superficie di proprietà comunale (a partire dai tetti degli edifici per arrivare agli spazi liberi nell’agro; penso all’area del canile che poteva essere energeticamente autonomo, ma è solo un esmepio) a farsi belli con le attività altrui.
Impianti per i quali è necessaria solo la DIA (nemmeno il permesso a costruire), su colture destinate all’espianto (altro che agricoltura; ma questo è già un altro discorso), e che portano reddito. Evidentemente il Comune di Mola trabocca di danari che il GSE meglio lasciarlo agli altri. Eppure in Puglia ci sono altri Comuni che utilizzano questa opportunità (Molfetta, Lecce, ecc.).
Ma che fa? l’importante è fare un po’ di propaganda, un po’ di fumo negli occhi, e come al solito, siamo l’avanguardia.
Sarà?
In effetti Mola, insieme a un’altra dozzina di comuni, fu citata come possibile sito nucleare in un studio di fattibilità realizzato da un ricercatore del CNR politicamente vicino ai Verdi in occasione della campagna elettorale del 2008, con lo scopo di alimentare le posizioni contrarie a chi si dichiarava favorevole a questo tipo di impianti. Gli altri comuni citati da Umberto sono invece quelli risultati idonei dagli studi ufficiali degli anni ’70 e ’80. Non ho ragione di dubitare che siano i siti più idonei che all’epoca è fosse possibile individuare.
Aggiungo però una considerazione: è vero le ultime norme in materia prescrivono che le centrali nucleari siano ubicate in aree non sismiche, con disponibilità di acqua (anche marina), con una buona viabilità e poste almeno 15 km di distanza dai centri abitati. Ma mentre le prime tre condizioni sono vincoli di natura tecnica, l’ultimo è solo di tipo politico (tanto che in altri Paesi non è rispettato). Può pertanto essere facilmente abolito con una banale revisione normativa, anche alla luce del fatto che l’orografia dell’Italia non presenta zone a bassa sismicità e bassa urbanizzazione, Sardegna esclusa.
Del resto, guardiamo ai comuni citati, in parte già interessati dalla costruzione di centrali: Caorso è a 15 km da Piacenza e 17 da Cremona; Borgo Sabotino a 8 km da Latina (e 5 dal Parco Nazionale del Circeo, istituito dopo lo studio di fattibilità); Trino Vercellese è alle porte dell’hinterland di Torino (ed stata colpita da due alluvioni negli ultimi 15 anni); nessun punto dei comuni di Avetrana e Nardò è a meno di 15 km da un centro abitato. Evidentemente, le prescrizioni che ho citato non sono state tenute in grande considerazione negli anni in cui sono state elaborate; non vedo pertanto come si possa ritenere che debbano invece essere rispettate oggi, quando è cambiato il contesto in cui erano state elaborate.
Ora, non so dire se queste mie considerazioni facciano o meno il gioco di chi ha interesse politico ad alimentare la tensione, come scrive il direttore Lucarelli. Registro solo l’assenza di posizioni ufficiali da parte delle stesse forze politiche del territorio che invece, in occasione della costruzione alle porte di Mola di un (molto meno invasivo) impianto di biostabilizzazione di rifiuti solidi urbani, non avevano avuto remore a schierarsi “per la salute dei cittadini”.
(Per tornare in argomento)
Tutto ciò, beninteso, con la consapevolezza che l’amministrazione comunale – nella quale non mancano le sensibilità ma forse le risorse umane ed economiche sono rivolte prioritariamente ad altri ambiti – possa fare di più per il risparmio energetico e la produzione di energia rinnovabile.
Remus
10 Marzo 2009 alle 13:46 -
Di nucleare si parla come se mettere in piedi un ciclo di produzione di energia fosse la cosa più facile del mondo, come se a costruire una centrale ci volessero poche settimane…
“Tu, Paese occidentale: vuoi liberarti dal petrolio arabo?! Prova il nucleare! E’ bellissimo, dura tanto e non fa fumo!” – Ecco ciò che sembra sentire da parte dei sostenitori della produzione di energia da fissione atomica.
Ma credo sia sbagliato dire “no al nucleare a prescindere”: chi crede che il nucleare vada bene ancora oggi va convinto con il dialogo e il ragionamento.
Tutti coloro che possono decidere le sorti della produzione di energia in Italia (e, non meno importante, del suo uso) dovrebbero avere ben presente che l’energia non si crea dal niente, e che tra spesa e prodotto, fisicamente non si va mai nemmeno in pareggio.
E invece si invocano il nucleare da una parte, e le fonti “pulite” (definizione impropria) dall’altro, come se fossero le soluzioni ad ogni problema. Sembra che anche su questo i politici si fidino ciecamente delle decisioni di partito. La Puglia dà già tanto all’Italia, in termini di energia; i piccoli angoli di campagna in mezzo ai paesi stanno scomparendo, le coltivazioni diventano sempre più intensive e meno varie. Si rischia di vivere in un territorio non voluto, forse per soli motivi di opportunità politica.
Ad ogni approssimarsi delle tornate elettorali, ecco che torna alla ribalta della cronaca politica la “storiella” di Mola sito nucleare, ricavata da uno studio, vecchio di 12 anni, volutamente riposto in uno scaffale polveroso di qualche ministero. No al nucleare, a prescindere: è una posizione iraggionevole che in Italia ha prodotto solo danni economici per gli enormi costi dell’energia elettrica che importiamo dalla Francia, che ha piazzato le sue centrali sui margini del confine comune, come la Svizzera, la Germania e la Slovenia.
Si ripete ossessivamente la medesima storia dei siti di smaltimento dei rifiuti: nessuno li vuole sul proprio territorio, però tutti produciamo giornalmente montagne di rifiuti, che da qualche parte devono pure essere smaltiti.
Ma chi ha redatto quello studio forse nemmeno sapeva che il terriorio molese è molto limitato, che è diffusamente abitato, che nel raggio di una decina di chilometri esistono ben 7 comuni con una popolazione complessiva di circa 150.000 abitanti e che a meno di 20 Km. c’è una città (Bari), capoluogo di Regione. Sono caratteristiche che automaticamente escludono Mola da ogni e qualsiasi possibilità di insediamento nucleare. Basta leggersi (che guaio la cattiva abitudine di NON LEGGERE!) un qualsiasi studio di fattibilità sul nucleare pubblicati in questi anni, volutamente ignorati da chi ha interesse politico a mantenere alta la tensione. Ben vengano le produzioni di energie alternative, ma non potranno mai soddisfare i consumi degli italiani e noi pugliesi, che pure produciamo un surplus rispetto alle nostre necessità, non facciamo parte di uno stato indipendente, ma della Repubblica Italiana.
In un mio post scrissi:
“Sulla scelta degli ipotetici siti per la costruzioni di impianti nucleari, il Governo deve ancora esprimersi e fare le necessarie valutazioni, che vanno dall’approvvigionamento dell’acqua alla sismicità dei suoli. Ad oggi, comunque, i siti che mantengono la licenza per la costruzioni di impianti nucleari sono quelli di Borgo Sabotino, Garigliano, Caorso e Trino Vercellese. Da studi fatti a metà anni ottanta, inoltre, risultano idonei, ma mai ufficializzati, anche Nardò, Avetrana, Montaldo di Castro e San Benedetto Po-Viadana”.
Mola di Bari è stata una bufala lanciata da ambienti di sinistra, che per guadagnare voti hanno dislocato, in piana campagna elettorale, una quindicina di siti sull’intero suolo nazionale.
Inoltre, una centrale nucleare deve essere posta in un punto distante 15 km dal centro abitato….non c’è alcuna zona di Mola che possa permettere ciò.
Mi domando cosa ci facciano gli amministratori di enti che hanno attivato 0mq di superficie di proprietà comunale (a partire dai tetti degli edifici per arrivare agli spazi liberi nell’agro; penso all’area del canile che poteva essere energeticamente autonomo, ma è solo un esmepio) a farsi belli con le attività altrui.
Impianti per i quali è necessaria solo la DIA (nemmeno il permesso a costruire), su colture destinate all’espianto (altro che agricoltura; ma questo è già un altro discorso), e che portano reddito. Evidentemente il Comune di Mola trabocca di danari che il GSE meglio lasciarlo agli altri. Eppure in Puglia ci sono altri Comuni che utilizzano questa opportunità (Molfetta, Lecce, ecc.).
Ma che fa? l’importante è fare un po’ di propaganda, un po’ di fumo negli occhi, e come al solito, siamo l’avanguardia.
Sarà?
Nel frattempo fanno consigli comunali sul nucleare…
C’è da stendere proprio un velo pietoso.
In effetti Mola, insieme a un’altra dozzina di comuni, fu citata come possibile sito nucleare in un studio di fattibilità realizzato da un ricercatore del CNR politicamente vicino ai Verdi in occasione della campagna elettorale del 2008, con lo scopo di alimentare le posizioni contrarie a chi si dichiarava favorevole a questo tipo di impianti. Gli altri comuni citati da Umberto sono invece quelli risultati idonei dagli studi ufficiali degli anni ’70 e ’80. Non ho ragione di dubitare che siano i siti più idonei che all’epoca è fosse possibile individuare.
Aggiungo però una considerazione: è vero le ultime norme in materia prescrivono che le centrali nucleari siano ubicate in aree non sismiche, con disponibilità di acqua (anche marina), con una buona viabilità e poste almeno 15 km di distanza dai centri abitati. Ma mentre le prime tre condizioni sono vincoli di natura tecnica, l’ultimo è solo di tipo politico (tanto che in altri Paesi non è rispettato). Può pertanto essere facilmente abolito con una banale revisione normativa, anche alla luce del fatto che l’orografia dell’Italia non presenta zone a bassa sismicità e bassa urbanizzazione, Sardegna esclusa.
Del resto, guardiamo ai comuni citati, in parte già interessati dalla costruzione di centrali: Caorso è a 15 km da Piacenza e 17 da Cremona; Borgo Sabotino a 8 km da Latina (e 5 dal Parco Nazionale del Circeo, istituito dopo lo studio di fattibilità); Trino Vercellese è alle porte dell’hinterland di Torino (ed stata colpita da due alluvioni negli ultimi 15 anni); nessun punto dei comuni di Avetrana e Nardò è a meno di 15 km da un centro abitato. Evidentemente, le prescrizioni che ho citato non sono state tenute in grande considerazione negli anni in cui sono state elaborate; non vedo pertanto come si possa ritenere che debbano invece essere rispettate oggi, quando è cambiato il contesto in cui erano state elaborate.
Ora, non so dire se queste mie considerazioni facciano o meno il gioco di chi ha interesse politico ad alimentare la tensione, come scrive il direttore Lucarelli. Registro solo l’assenza di posizioni ufficiali da parte delle stesse forze politiche del territorio che invece, in occasione della costruzione alle porte di Mola di un (molto meno invasivo) impianto di biostabilizzazione di rifiuti solidi urbani, non avevano avuto remore a schierarsi “per la salute dei cittadini”.
(Per tornare in argomento)
Tutto ciò, beninteso, con la consapevolezza che l’amministrazione comunale – nella quale non mancano le sensibilità ma forse le risorse umane ed economiche sono rivolte prioritariamente ad altri ambiti – possa fare di più per il risparmio energetico e la produzione di energia rinnovabile.
Di nucleare si parla come se mettere in piedi un ciclo di produzione di energia fosse la cosa più facile del mondo, come se a costruire una centrale ci volessero poche settimane…
“Tu, Paese occidentale: vuoi liberarti dal petrolio arabo?! Prova il nucleare! E’ bellissimo, dura tanto e non fa fumo!” – Ecco ciò che sembra sentire da parte dei sostenitori della produzione di energia da fissione atomica.
Ma credo sia sbagliato dire “no al nucleare a prescindere”: chi crede che il nucleare vada bene ancora oggi va convinto con il dialogo e il ragionamento.
Tutti coloro che possono decidere le sorti della produzione di energia in Italia (e, non meno importante, del suo uso) dovrebbero avere ben presente che l’energia non si crea dal niente, e che tra spesa e prodotto, fisicamente non si va mai nemmeno in pareggio.
E invece si invocano il nucleare da una parte, e le fonti “pulite” (definizione impropria) dall’altro, come se fossero le soluzioni ad ogni problema. Sembra che anche su questo i politici si fidino ciecamente delle decisioni di partito. La Puglia dà già tanto all’Italia, in termini di energia; i piccoli angoli di campagna in mezzo ai paesi stanno scomparendo, le coltivazioni diventano sempre più intensive e meno varie. Si rischia di vivere in un territorio non voluto, forse per soli motivi di opportunità politica.