Egregio Sig. Presidente,

Le scrivo poche righe, per  chiederLe di voler considerare l’opportunità di favorire, in ogni sede, l’opera di esaustivo e trasparente carotaggio dell’area ospitante la discarica in Contrada “Martucci” dell’agro di Conversano, ai confini con il territorio comunale di Mola di Bari.

Il carotaggio auspicato, dovrà servire alla raccolta, in profondità nel sottosuolo, di ogni utile campione di terra-acqua-roccia, per poi far eseguire trasparenti  ed incrociate analisi che dicano se ci siano o meno sostanze tossiche, disperse e seppellite in detta area, da molto tempo.

Tutti abbiamo coscienza della problematica-rifiuti, intesa come dato globale e come aspetto localistico; allo stesso tempo, tutti sappiamo che i rifiuti sono merce, a volte scomoda ed invendibile, a volte riciclabile in nuovi processi  produttivi: comunque, sempre oggetto di logiche d’impresa, che non guardano  al benessere della moltitudine.

Lei sa benissimo, sulla scorta delle Sue vaste esperienze maturate nei vari incarichi istituzionali ricoperti, quali siano le logiche , gli ambienti ed i flussi di interessi che hanno presieduto e presiedono alla progettazione, alla gestione ed alla riconversione di detta questione-rifiuti.

In quella Contrada, che potrebbe domani esser ridenominata “Patria del Ribelle”, tra la seconda metà degli anni ’80 e la prima metà degli anni ’90 – del secolo passato – mille segnalazioni di popolo (non leggende, mi creda!), hanno raccontato di interramenti di grossi veicoli, mai più riemersi, e di innumerevoli movimenti di autocarri, in arrivo notturno, lungo le famigerate “Strade di Mezzo”, quella “di Sopra” e quella “di Sotto”, con l’inevitabile movimentazione di enormi fusti metallici scaricati, sotto l’occhio attento e gelido che si intravedeva dietro i passamontagna di uomini armati, spesso con accento “del Nord” e dai modi bruschi, quelli dei “posti di blocco” dell’entroterra albanese nei primi anni ’90, per intenderci.

Si, Signor Presidente, qui a Mola non ci sono “leggende di paese”; qui, appena ieri, ci sono state paura e silenzio, condite con soldi e complicità; mentre, ancor oggi ci sono timori ed omertà, per quanto di nocivo potrebbe navigare nelle viscere di madre terra e per quanto di velenoso potrebbe essere allocato, sempre qui, a sei chilometri di distanza, con la falda a monte.

L’Appello che oggi Le viene rivolto da un singolo, in realtà sale dalla moltitudine, sempre la stessa che cammina lungo la direttrice della propria lotta, domandando cosa sia giusto ed opportuno fare oggi, adesso, e rimanere visibili ed obbedienti, anziché il contrario.

Oggi, a conclusione di un martirio che dura dal 1973, la moltitudine chiede trasparenza e non saccheggio, monitoraggio delle malattie tumorali, analisi veritiere, esami in profondità, la messa al bando dell’industria della morte e dei suoi  azionisti in odore di malaffare.

Oggi, Signor Presidente, si presenta un’occasione unica ed irripetibile: togliere il coperchio su quella che è stata la più grande discarica europea, tra uve e ciliege che  spingono la falda sino al mare, anch’esso martoriato da veleni mai rimossi e da nuove minacce di prospezioni ed estrazioni dalla piattaforma continentale.

Presidente, non si chiuda in un nuovo e blindato palazzo ducale, questa volta sull’Adriatico,  ma apra alla moltitudine che avanza, domandando.

                                                                                  Pino Castellana

 

 

 

Condividi su: