di Nicola Rotondi

1 comizio Di RutiglianoA pochi giorni dal ballottaggio che ha decretato la vittoria di Giangrazio Di Rutigliano, la competizione elettorale va agli archivi e consegna vari spunti di riflessione all’analisi post voto.

I tempi cambiano anche nell’approccio agli elettori. Quella che si è appena chiusa è stata una campagna elettorale ispirata più a strategie di marketing che a contenuti di merito: prove ne sono gli spot elettorali in versione cinema o televendita e la proliferazione incontrollata di hashtag attraverso i social network; piattaforme che ormai affiancano, quando non sostituiscono, i luoghi fisici del confronto.

Tuttavia, palchi comiziali e pagine virtuali hanno avuto un tratto comune: il bestiario di insulti reciproci tra i sostenitori delle parti avverse, con buona pace della sana dialettica e dei confronti costruttivi tanto invocata e poche volte praticata.

Intanto, gli elettori si rassegnano e non vanno più a votare. L’astensionismo ha trionfato, lasciando una ferita non da poco sull’esito di queste elezioni. Un fenomeno trasversale, che ha colpito in maggior modo il centrodestra e l’ex sindaco Diperna, riconducibile solo in parte alla campagna di dissenso propagatasi dopo il primo turno e, in misura maggiore, dopo i tanto discussi apparentamenti.

Si sta profilando un’amara realtà con cui fare i conti: anche a livello locale, la politica non gode di popolarità. Probabilmente, al cambiamento proclamato da tutte le forze impegnate credono ormai in pochi ed è altrettanto presumibile che in sede di ballottaggio, dove l’astensionismo ha prevalso, i due candidati di punta non siano stati considerati realmente alternativi tra loro.

In ogni caso, a vincitori e vinti tocca interrogarsi sulle ragioni di quella maggioranza silenziosa e disaffezionata che è rimasta indifferente al rinnovo del consiglio comunale e alla corsa a due per la carica di sindaco. Ha danneggiato Diperna, si diceva, ma si riflette su Di Rutigliano. Oltre ad amministrare la città, il neo sindaco non potrà non tenere conto di questo deficit di partecipazione: dovrà favorire l’esercizio di strumenti e metodi che coinvolgano i cittadini e suscitino rinnovati interesse, passione e attenzione ai destini della città.

Queste elezioni offrono un dato che non va sottovalutato: per la seconda volta consecutiva, il sindaco uscente non viene riconfermato. Segno evidente, al pari delle urne vuote, che i cittadini non fanno sconti alle amministrazioni in carica – sia di centrosinistra che di centrodestra – e che i grandi interventi non scaldano particolarmente i cuori della popolazione, specie se le aspettative quotidiane, anche di basso profilo, rimangono deluse. Se non altro Di Rutigliano, alla prima vera esperienza amministrativa, potrà basarsi sulla sorte (e perché no, sugli errori) dei suoi predecessori per impostare l’azione di governo, sviluppare un proprio modus operandi per poi riproporsi all’elettorato tra cinque anni. In tal senso, saranno fondamentali stabilità e compattezza che le forze alleate e la squadra di assessori gli garantiranno nel corso del mandato.

I rischi sono tanti, la responsabilità è notevole: colui che da oggi indossa la fascia di sindaco di Mola ne è consapevole.

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