Redazionale

Con la sentenza n. 446 depositata il 14 aprile 2017 della Corte di Appello di Bari (in sede di riassunzione) dovrebbe avere fine la lunga vicenda giudiziaria tra la famiglia I. contro il Comune di Mola, iniziata nel 1992 a seguito di un decreto di esproprio di suolo del 1988.

Il Comune di Mola, che aveva già sborsato la somma di € 150.000,00, ora è stata condannata a pagare l’ulteriore somma di € 144.069,22, oltre gli interessi legali dal 24.01.2005 sino ad oggi (al momento gli interessi ammontano ad € 32.530,44), le spese processuali (dei vari gradi del giudizio) per € 52.061,20 e le spese della consulenza tecnica fatta dal Tribunale. Insomma, non meno di € 230-250.000 .

Ma non è solo questo il danno per le casse comunali; perché vanno aggiunte le somme pagate dal nostro Ente per il giudizio di revisione bocciato dalla Corte di Cassazione e tutte le spese pagate e che dovranno ancora liquidarsi ai legali del nostro Comune (solo per quest’ultimo giudizio di riassunzione, il Comune ha impegnato la somma di € 22.365,40 per il suo legale).

Città Nostra da tempo segue questa vicenda giudiziaria. I nostri lettori ricorderanno che la Corte di Cassazione, con sentenza n. 21115/2014, aveva accolto il ricorso presentato dalla famiglia I., difesa dagli avvocati Gaetano Franzese e Salvatore Basso, rimandando le parti dinanzi la Corte di Appello di Bari affinché applicasse il principio giuridico indicato dalla stessa Cassazione e liquidasse una consistente somma alla famiglia I. per l’esproprio di un terreno avvenuto negli anni ottanta. A seguito della sentenza della Cassazione, l’avv. Gaetano Franzese riassumeva il giudizio dinanzi la Corte di Appello di Bari per la liquidazione delle somme dovute alla famiglia I., secondo quanto indicato dalla Cassazione.

Contro la decisione della Suprema Corte, nel 2014, il Comune di Mola aveva proposto un giudizio di revocazione alla stessa Cassazione, perché “ritornasse sui suoi passi” e modificasse la sua valutazione, ma il ricorso veniva dichiarato inammissibile e l’Ente condannato al pagamento delle spese processuali (ne abbiamo parlato nell’articolo on-line Mola perde cause e scialacqua soldi del 10 febbraio 2017).

Ripercorriamo la vicenda: Il tutto ha inizio da un’occupazione d’urgenza nel 1982 fatta dal Comune su un suolo della famiglia I. al quartiere Cozzetto, cui seguivano l’espropriazione (nel 1988) del terreno e la realizzazione di opera pubblica, cioè quella proprietà veniva inserita nel piano di zona per l’edilizia economica popolare redatto e realizzato dal Comune di Mola, e infine il decreto ablatorio nel 2002 (mentre era già in corso il processo dinanzi il Tribunale di Bari). L’Ente, a differenza di quanto fece per altri suoli, non provvide a liquidare del tutto il terreno espropriato. Pertanto, nel 2000, la famiglia I. citava davanti al Tribunale di Bari il Comune di Mola, che invece chiedeva di rigettare le richieste della famiglia I.; ma Il Tribunale, nel 2004, condanna il nostro Comune a pagare la somma di € 305.881,45, oltre interessi e spese legali.

Ovviamente la famiglia I. chiedeva il pagamento di quanto disposto nella sentenza, mentre il Comune di Mola appellava la decisione dinanzi la Corte d’Appello di Bari, che dapprima sospendeva parzialmente la esecutività della sentenza di primo grado (consentendo in via “provvisoria” alla famiglia I. di chiedere il pagamento di € 150.000,00, che il Comune di Mola corrispondeva), poi, nel 2006, la annullava del tutto e condannava la famiglia I. al pagamento delle spese dei due gradi del giudizio. Dunque, alla famiglia I. non spettava nulla.

Prontamente la famiglia I. introduceva il ricorso in Cassazione e poi furono avviate trattative per raggiungere un accordo con il Comune; la proposta della famiglia I. era di trattenere la somma di € 150.000 (includendovi tutte le spese) e rinunciare al ricorso in Cassazione. Ma prima l’Amministrazione Berlen e poi quella Diperna non vollero fare alcun accordo, ritenendo erroneamente che la Cassazione avrebbe sicuramente rigettato il ricorso della famiglia I. e confermato la sentenza della Corte di Appello di Bari.

Invece la Cassazione, dando ragione alla famiglia I. e torto al Comune di Mola, rimandava le parti alla Corte di Appello di Bari per il calcolo delle somme ancora dovute alla espropriata, che le ha determinate con la sentenza n. 446 del 14 aprile 2017.

Se dunque il Comune di Mola di Bari avesse fatto la transazione proposta dalla famiglia I., oggi non avrebbe dovuto sborsare circa € 250.000,00 ed avrebbe risparmiato le spese del giudizio di revisione in Cassazione (circa € 21.800) oltre a quelle dei suoi legali per i tre gradi del processo (la suddetta somma di € 22.365,40 riguarda solo l’ultima fase di questa lunga vicenda giudiziaria).

C’è un altro dato da segnalare: soltanto per il giudizio di riassunzione conclusosi con la sentenza n. 446 del 2017 della Corte di Appello, il Comune di Mola, difeso dall’avv. Antonio Resta, ha impegnato la somma di € 22.365,40 (come da determinazione n. 181/2015) per le spese del proprio avvocato; precisamente «€ 15.328,00 l’importo per onorari, oltre rimborso spese gen.15 %, CAP 4%, IVA 22% ed € 314,60 per spese esenti, in uno € 22.365,40».

Mentre la Corte di Appello ha condannato il Comune di Mola a pagare l’avvocato della famiglia I. calcolando gli onorari in “soli” € 9.000,00. Viene da chiedersi perché il Comune scialacqua soldi, valutando gli onorari dovuti al proprio avvocato (soccombente) in somme molto superiori a quelle valutate dalla Corte di Appello per l’avvocato vincente nel giudizio?

 

 

Condividi su: