L’estetista Bruna Bovino, assassinata a Mola nel 2013

di Nicola Lucarelli

Il 12 Dicembre del 2013 la popolazione molese fu scossa dalla notizia di un tragico evento svoltosi all’interno di uno studio estetico in via Vitulli, a due passi dal mare. Al suo interno fu ritrovato il cadavere semi-carbonizzato di Bruna Bovino, una ragazza 29enne di origini brasiliane, ma residente a Polignano a Mare.

L’allarme era stato dato dai vicini che avevano notato la fuoriuscita di fumo dal locale. Sul posto intervennero i Carabinieri della Tenenza di Mola che allertarono i Vigili del fuoco ed il medico legale.

La donna, titolare del centro estetico “Arwen”, era sposata e separata ed aveva una bambina. A Polignano era molto conosciuta. In un primo momento si era parlato di morte provocata dall’incendio delle suppellettili, ma con il passare delle ore si fece sempre più concreta l’ipotesi di omicidio. Il cadavere della donna presentava delle evidenti ferite al collo ed alla spalla.

Le indagini degli inquirenti mirarono da subito all’ identificazione delle persone che nel pomeriggio avevano preso appuntamento telefonico con la giovane. Si indagò anche sulla vita e sulle conoscenze della giovane.

I residenti della zona ce la descrissero come una “ragazza riservata ed educata“. Si capiva che riceveva la clientela su appuntamento perché le persone entravano sempre a distanza di tempo l’una dall’altra. Ci disse una all’epoca una signora:”Non ho mai notato affollamento, né gente in attesa fuori del negozio. Lei sembrava una brava ragazza e con il suo comportamento non dava adito a pettegolezzi. Dispiace tanto per lei che lascia una bambina piccola e per sua madre che ieri sera ha sperato fino all’ultimo che quello bruciato non fosse il corpo di sua figlia. Mi ha commosso e rattristata: sono anch’io una mamma e la capisco. E’ terribile! Le hanno fatto fare una morte atroce”.

Le indagini divennero sempre più serrate ed a conclusione delle stesse venne arrestato Antonio Colamonico, un 36enne che frequentava la giovane estetista, con cui, pare, avesse una relazione. A suo carico diverse prove e testimonianze che lo incastravano come autore materiale del delitto e del tentativo di incendio. L’omicidio sarebbe avvenuto nel corso di un acceso diverbio motivato dalla decisione dell’uomo di interrompere la relazione extraconiugale con la Bovino.

Il processo in corso presso la Corte d’Appello di Bari è alla requisitoria finale; il Procuratore aggiunto Lino Giorgio Bruno ha chiesto la condanna del Colamonico a 28 anni di carcere per omicidio volontario e per l’ incendio appiccato, nel vano tentativo di cancellare le prove del delitto consumato. Il cadavere presentava ferite alla base del collo provocate da circa 20 colpi di forbici e successivo strangolamento.

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