di Francesco Spilotros

L’infermiera professionale Barbara Scarafino in prima linea nella lotta al Cononavirus.

Intervista esclusiva a Barbara Scarafino, infermiera professionale molese, che presta servizio, in provincia di Bergamo presso l’ospedale della Fondazione S. Andrea di Clusone. Fino a qualche giorno fa ha lavorato a Piario in Val Seriana nell’ Ospedale Locatelli, Azienda Bolognini Seriate. Entrambi i nosocomi sono in piena emergenza Covid 19. Le abbiamo rivolto alcune domande, per cogliere dalle parole di una nostra concittadina, la terribile situazione che vive ogni giorno.

Raccontaci chi sei e di cosa ti occupi.
Ciao, mi chiamo Barbara Scarafino, sono infermiera professionale e presto servizio in provincia di Bergamo. Provincia che, da qualche settimana, è considerata zona rossa a causa del Coronavirus.
Quando hai avuto la sensazione che qualcosa non andasse per il verso giusto?
Già nel periodo che precede il carnevale, la sensazione che qualcosa non andasse per il verso giusto, l’ho avuta quando i pazienti hanno mostrato sintomi simil-influenzali, ma ben più gravi, difficili da ridurre e portare a completa guarigione.


Hai subito percepito che la cosa fosse seria?
Si, era palese, ma la conferma che si trattava di Coronavirus e il definitivo status d’allerta, sono arrivati nei giorni delle vacanze di carnevale.
Tutti i medici con cui lavoro hanno capito che la situazione era di difficile gestione e, i pazienti, se pur trattati con le dovute accortezze dei casi, morivano uno dopo l’altro, senza scampo. Il Governo ha dichiarato lo stato di emergenza perché si è reso conto che la situazione era ben più grave di un semplice pensiero collettivo di allerta: si trattava di una vera e propria epidemia, paragonabile, a mio avviso, a quella della peste narrata da Manzoni, dove si era impotenti difronte alla malattia.
Tutti i giorni, vedo gente di età diversa morire, senza che si possa far nulla per arrestare l’avanzare e l’aggravarsi dei sintomi.

Sei una infermiera professionale, ti trovi in trincea nella lotta contro questo virus. Ci racconti la tua giornata tipo in ospedale?
La mia giornata lavorativa inizia con la disinfezione e la vestizione con tuta, mascherina e guanti; segue, a fine turno, la relativa svestizione, con doccia e disinfezione finale, per poi tornare a casa. All’arrivo in reparto, ci si trova davanti ad un mare di pazienti da assistere che non sono in grado neanche di bere… quindi, assistenza base, terapie e giro di visite con i medici che, poverini, allo stremo delle forze, fanno quello che possono. Insomma, un carico di lavoro immane. Da parte mia, cerco di dare quanta più assistenza possibile a tutti.
Quanti posti letto riservati ai contagiati da Covid19 ci sono?
I posti letto riservati ai contagiati Covid19 erano inizialmente 10, adesso se ne sono aggiunti altri 10 e, comunque, non bastano.

L’infermiera professionale Barbara Scarafino, la terza da destra, in compagnia dei colleghi in un momento di serenità

Si rischia tutti i giorni: come vivi questa situazione dal punto di vista psicologico? A cosa pensi? Quali le tue più grandi paure? Cosa ti dà la forza di andare avanti?
Ogni giorno prego prima di andare a lavoro… prego di avere la forza di aiutare quei pazienti che ti chiedono aiuto attraverso lo sguardo e prego per me, perché il rischio è alto. Molti miei colleghi, infermieri e medici, sono stati contagiati e sono in quarantena. Io per fortuna resisto e spero di resistere fino alla fine. Tutto questo, ti distrugge psicologicamente e fisicamente, anche perché io, come altri colleghi, devo sopperire alla mancanza di personale che si è ammalato, con doppi turni, rientri e super mole di lavoro. I riposi, ormai, non esistono quasi più. Le notti sono infinite.
Qualche giorno fa, ho lasciato, diciamo “benino”, un paziente con cui scherzavo spesso e a cui ero molto affezionata… ridevo sempre con lui… si chiamava Giacomo, ma io, scherzosamente, lo chiamavo “Scatulì”. Non aveva più febbre da qualche giorno, solo l’ossigeno. Lui, mi aspettava tutti i giorni e, quella mattina, l’avevo visto e ci avevo scherzato come al solito. Il giorno dopo ero di turno il pomeriggio… al mio arrivo, mi hanno detto che era morto. Così… in un attimo. Ci eravamo salutati come sempre quella mattina… non ho avuto nemmeno il tempo di salutarlo. Il mio Scatulì se ne era andato. Questo fa il virus… è una cosa terribile da raccontare, viverla è peggio. Ed ormai, da un po’ di tempo, questa è la mia vita.

A casa tua, quali misure precauzionali hai adottato nei confronti dei tuoi cari?H

Hopreferito proteggere i miei figli allontanandoli da me, perché tutti i giorni, lavorando in ospedale ed essendo a contatto con persone contagiate, rischio di ammalarmi e potrei, quindi, contagiare la mia famiglia. E’ difficile per me, qui sono sola, ma i miei figli sono la mia vita e penso che questa sia la scelta più giusta adesso. Mi auguro che tutto ciò finisca presto.

Ci si abitua a vedere la gente morire? Che trauma ti produce dentro?

Vedo la morte tutti i giorni ed è una condizione difficile da accettare, non ci si abitua mai. Sono travolta dal dolore della gente che perde un proprio caro… un padre, una madre, un figlio, un fratello e, credetemi, non è per nulla piacevole… parenti che piangono senza poter fare nulla.
Quale farmaco state sperimentando?
Ci sono farmaci in sperimentazione, ma siamo solo all’inizio. Tra noi si sente parlare di clorochinolina, in associazione con antibiotici come azitromicina o rocefin, che vanno via a fiumi, ma la buona riuscita non è garantita.

Che idea ti sei fatta? Quanto potrà durare?
L’ impegno di noi infermieri e medici c’è tutto, spero che questo finisca presto, ma la mia idea è che ci vorrà tempo per vincere questa battaglia contro un nemico invisibile, ma mortale. Tutti dobbiamo impegnarci a far sì che questo finisca e si ritorni alla vita normale. Io ci metto del mio meglio.
Con il cuore, Barbara, un infermiera molese.

Durante la nostra chiacchierata, Barbara mi diceva che in corsia, medici e infermieri, parlano lo stretto necessario: c’è spesso silenzio in corsia perché il virus si trasmette con la saliva. E’ il virus a dettare le regole, ma, speriamo, ancora per poco. Non possiamo che riconoscere in Barbara tutti i caratteri dell’eroina… un’eroina molese che ogni giorno combatte un nemico invisibile. Siamo orgogliosi di te, di quello che sei e di quello che fai.

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