di Vito Marangelli

Gabriella Genisi

*Intervista alla scrittrice Gabriella Genisi

Gabriella Genisi è da molti anni la “nostra” scrittrice più nota: la migliore “giallista” italiana, come viene spesso definita o, in alternativa, “la Camilleri in gonnella”. Una bella sintesi della sua figura di scrittrice l’ha fornita nel 2015 Massimo Carlotto: «una delle scritture più interessanti del nostro Paese». Gabriella vive a Mola e, regolarmente, anche a Parigi, dove trova l’atmosfera adatta alla scrittura. Il suo successo, dopo l’esordio con Come quando fuori piove (2006), è in gran parte dovuto all’originale personaggio della poliziotta Lolita Lobosco, in servizio presso la Questura di Bari, protagonista della fortunata serie di romanzi, sette fino ad oggi, che la vedono protagonista: La circonferenza delle arance (2010), Giallo Ciliegia (2011), Uva noir (2012), Gioco pericoloso (2014), Spaghetti all’Assassina (2015), Mare nero (2016), Dopo tanta nebbia (2017), pubblicati da Sonzogno. In una mia conversazione recente con una vera poliziotta della Questura barese, mi sono persino lanciato a chiedere come se la passasse la sua collega Lolita, con gran divertimento di entrambi. Oltre a questi best seller, sono ancora disponibili libri precedenti meno noti al grande pubblico (Come quando fuori piove, Fino a quando le stelle, La maglia del nonno). Nel 2018, con La Teoria di Camila, Gabriella si è lanciata in un mondo completamente diverso, quello del conflitto e del dolore nel rapporto tra padri e figli, e della umana importanza della finora invisibile figura della badante straniera, prendendo spunto da una lettera pubblicata su un giornale da Marcello Veneziani.

Dopo aver “googlato” le interviste precedenti, mi sono reso conto che sarebbe stato veramente difficile dire cose nuove sugli aspetti più trattati nelle numerosissime interviste rilasciate sui media locali di tutta Italia e nazionali (a partire dalle numerose partecipazioni a programmi TV della RAI e di altri canali).

Nell’intervista che le ho fatto la sera di sabato 26 gennaio 2019 per Città Nostra nella sua accogliente casa molese, ho cercato di esplorare qualche aspetto meno noto della sua personalità, oppure di mia curiosità.

Sono partito dalle idee che ho maturato nel tempo sul suo lavoro di scrittrice raccontandole come io sia rimasto impressionato dalla sua costante applicazione a migliorare nella tecnica narrativa, dalla sua professionalità nell’affrontare la “fatica” che caratterizza quelle fasi di presentazione in giro per l’Italia tra aerei, treni, alberghi e continue conferenze. Al contrario di quanto simpaticamente consigliato in un libro di Giuseppe Culicchia (E così vorresti fare lo scrittore) sulla necessità di “tirarsela”, Gabriella non se la tira affatto essendo rimasta quella persona disponibile e alla mano, come si dice da noi, che è sempre stata.

Ecco l’intervista vera e propria, realizzata con l’assistenza di mia moglie, Nilla Pappadopoli.

Quando hai capito che quella che inizialmente era una passione si sarebbe trasformata in una professione? cioè quando ti sei resa conto che eri diventata “una scrittrice” in senso professionale?

Forse non me ne sono ancora resa conto, però diciamo che la differenza tra scrivere un libro ed essere scrittore è nell’avere dei lettori. E nel momento in cui ho capito che cominciavo ad avere dei lettori, cosa successa dal primo libro, ho capito che scrivere non era una cosa fine a se stessa. Però continuo a non vederla come un lavoro e spero che resti sempre così, una passione. È chiaro che nel momento in cui entri nel mondo dell’editoria nazionale, a me è successo dopo i primi tre libri, quando cioè vieni pagata, nel senso che firmi un contratto e assumi degli obblighi (tieni conto che prima avevo deciso di dedicarmi alla famiglia), realizzi che qualcuno ha investito in te e mi sono scoperta veramente “svizzera”, è stata una sorpresa anche per me.

Io sono anche rimasto colpito dalla tua capacità di creare personaggi, come si dice in gergo tecnico, tridimensionali, cioè con una loro personalità e una precisa definizione. A parte Lolita Lobosco, che è il personaggio principale dei tuoi libri, direi che manifesti questa capacità anche in tanti altri. Vorrei sapere se quando crei un personaggio lo prendi da appunti presi nel corso del tempo da una tua galleria di tipi umani oppure lo crei volta per volta per lo specifico racconto?

Li creo assolutamente personaggio per personaggio. Sono tutti completamente immaginari e a volte ci può essere una scintilla da un incontro, per esempio una volta, tornando in treno nel Lazio, ho incontrato una ragazza dalla pelle bianchissima che ho inserito in un personaggio, però, a parte il prof. Introna che è un personaggio reale, tutto il resto lo immagino. Quando mi ispira, il personaggio lo scrivo e comincio da lì. Quanto a fantasia ne ho sempre avuta da piccolissima, quella non mi è mai mancata.

I tuoi romanzi sono anche stati un veicolo per la promozione della Puglia, della cultura pugliese, dei paesaggi e anche della cucina. Hai ambientato qualche capitolo specificamente a Mola?

Sì, sì. In Gioco Pericoloso c’è una parte ambientata a Cozze. Cozze viene spesso citata, Mola viene nominata, sicuramente. Poi il secondo libro è ambientato a Brenca.

Hai citato qualche piatto tipicamente molese?

Sì, ho citato il pomodoro di Mola, i carciofi, il nostro brodetto di pesce. Sì, l’ho fatto. Poi, i miei libri sono ambientati a Bari, però nei dettagli cito anche altro.

Magari in un prossimo libro, invece di “Spaghetti all’assassina”, potresti inventarti “Spaghetti all’Angioina”, chissà?

Sì, e poi ci sono le varianti locali dei piatti e le differenze tra paesi anche vicini, come Mola e Noicattaro.

Leggo che vivi tra Mola e Parigi, ma è vero?

Assolutamente. Io amo Parigi e ci vado quando posso. Anzi ho in programma di organizzarmi per passarci alcuni mesi all’anno. Lì riesco a trovare la concentrazione per scrivere. Non devo essere distratta da impegni vari.

Usi qualche software particolare per scrivere?

No. Uso il computer ovviamente, ma ho sempre usato solo due dita, anche se ho fatto dei corsi. Usare solo due dita è un po’ come scrivere a mano, hai il tempo di pensare a quello che stai scrivendo. A me non capita mai di cancellare una parola, perché ti dà il tempo di scegliere la parola adatta. Ho scritto il mio primo libro a mano e naturalmente il computer ti dà un enorme vantaggio.

Adesso ti faccio una domanda un po’… di solidarietà maschile. Tuo marito Agostino ti segue e ti supporta molto. Ora, se dietro un grande uomo c’è una grande donna, anche il contrario dev’essere vero.

Sì è così. È un uomo che ha sempre creduto in me e soprattutto da sempre, da quando mi ha conosciuto, mi ha detto «Tu hai un talento che prima io poi verrà fuori». Quindi questo credere in me è stato importante.

Ho visto che ti fa da “primo lettore”…

Sì, anche se adesso più i figli, perché lui vuole leggere alla fine.

Ti suggerisce qualche idea?

No. Mio figlio mentre legge qualche volta mi propone qualche cambiamento.

Quindi qualcuno eredita il talento letterario?

Beh!, è un talento, quindi bisogna averlo. Mio padre da ragazzo scriveva poesie (e Gabriella mi ha mostrato un libro di poesie pubblicato da suo padre nel 1954). Allora il nostro cognome era Genise, poi per un errore all’anagrafe siamo diventati Genisi. Tutti scrivono poesie a vent’anni, ma solo i veri poeti continuano da adulti. Io per esempio ho scritto pochissime poesie, mi sento più portata per la narrativa. Però leggo tanta poesia e questa mi aiuta molto. La leggo tutti i giorni. Anche una frase, una piccola poesia, la leggo e mi aiuta molto nell’usare poche parole, sono abbastanza essenziale, senza ridondanze.

Allora, progetti futuri. Ho sentito che sta per uscire un tuo nuovo libro con una protagonista femminile che non è Lolita Lobosco.

Sì. Si chiama Chicca Lopez e il libro si intitolerà Pizzica pizzica e pubblicato da Rizzoli. È una carabiniera di stanza in Salento. E anche qui, posso anticipare, ci sono produzioni interessate.

Potresti anche scrivere una versione teatrale.

L’idea mi piace senz’altro. Scrivere un soggetto richiede però competenze specifiche… A me piacerebbe avere a Mola una scuola di scrittura creativa.

Questo mi dà lo spunto per chiederti cosa pensi delle scuole di scrittura creativa.

La lettura è imprescindibile, cioè se non hai letto non puoi scrivere. Però, nel momento in cui hai letto tanto e vuoi cimentarti a scrivere, la scuola di scrittura creativa sicuramente ti può fornire degli strumenti. Ma, devi già avere un talento, una predisposizione. Devi già arrivare con un tuo bagaglio di lettura, almeno quello (abbiamo poi intavolato una lunga conversazione su alcune idee relative alle scuole di scrittura creativa, come la Holden e quella di Cotroneo).

Progetti relativi al cinema o alla TV?

Come ho già avuto modo di dire altrove, i diritti televisivi di Lolita sono stati acquistati da Luca Zingaretti e non posso dare alcuna altra anticipazione su questo. Posso solo dire che c’è un progetto definito.

Per concludere vorrei sapere se, tra le cose che non ti ho chiesto, c’è qualche messaggio che vorresti indirizzare ai nostri concittadini, magari sulla Cultura, su quello che si potrebbe fare a Mola che ancora non si è fatto?

Diciamo che dovremmo guardare Mola in un’ottica più ampia nell’ambito della Regione, cioè non solo quello che può interessare il cittadino molese e basta. Credo che il limite di Mola sia stato sempre questo, cioè non guardare lontano, essere legati al proprio orticello. E poi migliorare la cura della città, anche se oggi si vedono segni di cambiamento.

Ti ringrazio per questa intervista e ti auguro di continuare i tuoi successi.

*Intervista pubblicata sul mensile Città Nostra di febbraio 2019

 

 

 

 

 

Condividi su: